Roberto Lipari, agente immobiliare sfigato, entra in possesso di un algoritmo che gli permette di conoscere abitudini, vizi, hobbies e gusti delle persone. Con esso pensa di poter diventare il numero uno. Ma si accorgerà ben presto che anche un’intelligenza artificiale non è infallibile e, soprattutto, non fa i conti con i sentimenti e con i valori degli esseri umani. È il secondo film di Lipari, che questa volta si è messo in gioco anche da dietro la macchina da presa. Il lungometraggio è al momento terzo in Italia nella classifica dei film più visti su Prime Video.
Non basta sapere tutto delle persone che ci circondano per poterle manovrare come pupi. E Roberto, protagonista del film, nipote di un puparo siciliano (Leo Gulotta), abituato a dare vita ad esseri inanimati, se ne accorgerà dopo averci sbattuto la faccia, capendo la differenza che passa tra il muovere i fili di un pupo e cercare di tenere sotto controllo la vita degli uomini.
Un film che fa riflettere anche sull’attualità che viviamo, in cui sono i social a manovrare troppo spesso le nostre esistenze. Un’esistenza virtuale in cui un algoritmo sa tutto di noi e ci indirizza a suo piacimento e secondo la sua convenienza. Il film è un monito, una sorta di metafora. Sembra dirci: teniamoci la nostra umanità senza farci sovrastare da algoritmi, intelligenze artificiali e social, nati per avvicinare gli uomini ma che ne assorbono le anime allontanandole dai suoi simili e dalla vita reale.