Il Tribunale del Riesame di Firenze ha disposto la custodia cautelare in carcere per Maria Concetta Riina e Antonino Ciavarello, rispettivamente figlia e genero del defunto capo di Cosa Nostra, Salvatore Riina. I due sono indagati per estorsione aggravata dal metodo mafioso e per tentata estorsione aggravata, in concorso. Il provvedimento, al momento, non è ancora esecutivo e diventerà operativo solo una volta reso definitivo.
La decisione dei giudici arriva dopo l’appello presentato dalla Procura di Firenze, che si era vista rigettare la richiesta di misura cautelare dal giudice per le indagini preliminari. Il Riesame ha invece ritenuto fondate le ragioni dell’accusa, accogliendo in pieno le valutazioni dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia: sussistono, infatti, secondo i giudici, gravi indizi di colpevolezza, oltre a un concreto pericolo di inquinamento probatorio e di reiterazione del reato.
I fatti contestati risalgono all’agosto del 2024. Secondo quanto emerso dalle indagini condotte dai carabinieri del Ros, coordinate dalla Dda di Firenze, Riina e Ciavarello avrebbero inviato a due imprenditori toscani pressanti e minacciose richieste di denaro – si legge in una nota della Procura – tanto da indurre almeno uno dei due imprenditori a consegnare all’indagata una somma di denaro.
La vicenda ha destato particolare attenzione non solo per il profilo degli indagati, entrambi legati direttamente al defunto boss corleonese, ma anche per l’aggravante del metodo mafioso che, secondo l’accusa, avrebbe caratterizzato le condotte contestate. Un’aggravante che, se confermata nel processo, comporterebbe un significativo inasprimento delle pene.
Secondo fonti giudiziarie, gli indagati avrebbero fatto leva sul proprio cognome e sul carico simbolico che esso ancora esercita. È anche su questo punto che si concentra l’accusa: l’uso del metodo mafioso come strumento di intimidazione, più che l’appartenenza a un’organizzazione mafiosa in senso stretto.
La difesa ha già annunciato che impugnerà la decisione del Riesame, sostenendo l’infondatezza delle accuse e l’assenza di un concreto pericolo per le indagini o di recidiva. Nel frattempo, la misura disposta resta sospesa in attesa della pronuncia definitiva.