sabato, 5 Luglio 2025
Il Quotidiano di Palermo - Testata telematica registrata al Tribunale di Palermo n.7/2025 Direttore responsabile: Michele Sardo

Tra le insegne delle tre società figurano negozi come Expert, Carrera, Alcott, Terrnaova, Primadonna, Phone Planet...

Sfruttamento tra Palermo e Trapani: donne in prima linea nella denuncia. I nomi dei negozi

Alla fine hanno trovato il coraggio di parlare. Sedici donne, tra commesse, addette alle pulizie e alla sistemazione della merce, insieme a due uomini, hanno denunciato alla Guardia di Finanza un sistema di sfruttamento che ha coinvolto undici punti vendita tra le province di Palermo e Trapani. Le loro testimonianze hanno dato il via a un’inchiesta che ha portato all’arresto di Giovanni Caronna, 49 anni, imprenditore di Partinico, finito ai domiciliari con l’accusa di caporalato.

Le vittime erano impiegate con contratti part-time solo sulla carta, ma costrette a lavorare anche 12 ore al giorno, con stipendi che si aggiravano intorno ai 450 euro al mese. Senza pause, né giorni di riposo, nemmeno la domenica. Molte di loro erano consapevoli della gravità delle condizioni, ma temevano di perdere l’unica fonte di reddito e di non riuscire a trovare un’altra occupazione. L’indagine ha svelato un clima di paura, rassegnazione e ricatti, dove il bisogno e la preoccupazione di perdere il lavoro prevaleva sulla possibilità di reagire.

Le prime tracce del malessere sono emerse dalle intercettazioni telefoniche e dalle chat interne ai gruppi di lavoro, in cui le lavoratrici si confidavano tra loro o con i familiari. Proprio da queste conversazioni è venuto fuori il lento percorso che ha portato alcune di loro a rivolgersi alle autorità.

Le condizioni di lavoro nei punti vendita erano durissime. In alcuni casi, il lavoro si protraeva senza orari, sette giorni su sette. I dipendenti erano costretti a lavorare durante le festività, senza alcun giorno libero. Gli straordinari venivano pagati tre euro l’ora e le tredicesime ammontavano a poco più di cento euro. La divisa di lavoro, composta da jeans, t-shirt e felpa, doveva essere acquistata dagli stessi lavoratori a proprie spese per un totale di 30 euro.

A peggiorare la situazione, la falsa rappresentazione delle buste paga, che venivano alterate con l’inserimento di assenze inesistenti o bonus mai erogati. I contratti, formalmente part-time da 30 ore settimanali, mascheravano in realtà un lavoro a tempo pieno non riconosciuto né retribuito come tale. In alcuni casi, le ferie non godute non venivano pagate, contrariamente a quanto promesso.

L’indagine, condotta dai militari della Guardia di Finanza guidati dal comandante Danilo Persano e coordinata dalla Procura di Palermo, ha coinvolto anche Giuseppe Maurizio Genna, 58 anni, di Alcamo, amministratore della società Mg Evolving, a cui è stato notificato un avviso di garanzia per la compartecipazione nella gestione di alcuni punti vendita. Il sistema aziendale ruotava attorno a tre società: Giulia srl, Gma Company e Mg Evolving, quest’ultima formalmente intestata a Genna ma, secondo gli inquirenti, gestita in modo occulto da Caronna.

Sfruttamento

I negozi coinvolti operano con marchi molto noti come Terranova, Alcott, Expert, Carrera, Primadonna, Jennifer e Phone Planet, tutti estranei alle responsabilità penali e alle condotte illecite contestate. I punti vendita si trovano tra Partinico, Carini, Alcamo e Castellammare del Golfo. A Partinico, lungo la statale 113 e in corso dei Mille, si trovano diversi store, mentre al centro commerciale Poseidon di Carini e nel centro storico di Alcamo si concentrano altri locali. In alcuni casi, è stata documentata l’esistenza di depositi e sedi amministrative utilizzati per supportare le attività.

L’intero sistema, secondo gli inquirenti, era costruito per abbattere i costi attraverso manovre illecite, falsificazione di documenti contabili e un controllo rigido sui lavoratori. Caronna monitorava personalmente ogni attività attraverso le telecamere installate nei negozi, intervenendo quando riteneva che il personale non fosse abbastanza produttivo.

La Guardia di Finanza ha sequestrato 100 mila euro, considerati profitto illecito del reato, e ha ricostruito un contesto di sfruttamento che si reggeva su una catena di comando opaca e su un clima di ricatto.

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