Doveva essere nelle intenzioni della vigilia una ballata rock ed invece ci siamo sorbiti il refrain di una canzone scritta due anni fa. Una musichetta stonata suonata da orchestrali mediocri, diretti da un maestro senza bacchetta. Anche il modestissimo Pisa ha fatto la figura della corazzata contro la barchetta rosanero. Neanche alla dea bendata, generosa come poche altre volte in questa occasione, i prodi cavalieri hanno saputo aggrapparsi. Naufraghi nel mare in tempesta sono apparsi i rosa che avevano avuto la vittoria servita su un piatto d’argento grazie agli episodi favorevoli.
Eppure ancora una volta i nostri hanno gettato alle ortiche un risultato che li avrebbe fatti stare agganciati al treno dei sogni. All’arena Garibaldi solo i padroni di casa hanno fatto onore all’antico nome dello stadio. Al cospetto della burrosa retroguardia palermitana sembravano i mille durante lo sbarco a Marsala. Dall’altra parte una banda di difensori, più di nome che di fatto, si arroccava nella propria area aspettando i nemici con il ponte levatoio abbassato. Sei, più il portiere, su dieci uomini in campo, erano a difesa del castello da presidiare, rigorosamente a zona, senza che nessuno si preoccupasse di marcare un avversario, soprattutto quel Tramoni che già in passato aveva fatto male al Palermo.
Merito, si fa per dire, del genio della panchina che, sotto di un uomo e avanti prima di due e poi dopo il pari di un gol, anziché alzare il baricentro si piazzava contro il muro con la benda agli occhi aspettando la fucilazione. Che puntualmente arrivava, come in tante, troppe, volte è capitato nei due anni del suo interregno. Adesso i tifosi, encomiabili, ma non è neanche questa una novità, si pongono una sola domanda: cosa andiamo a fare ai playoff, sempre ammesso che ci arriviamo?