mercoledì, 3 Settembre 2025
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Insieme a lui morì la moglie Emanuela Setti Carraro e, qualche giorno dopo, l'agente Domenico Russo

Palermo, 43 anni fa l’omicidio del Generale Dalla Chiesa in via Carini

Il 3 settembre del 1982 a Palermo, in via Carini, veniva assassinato dalla mafia il generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa insieme alla giovane moglie, Emanuela Setti Carraro. L’agente della scorta Domenico Russo, anch’egli gravemente ferito nell’agguato, morì pochi giorni dopo, il 15 settembre, a causa delle ferite riportate.

La figura del generale Dalla Chiesa resta impressa nella memoria collettiva come esempio di fermezza e dedizione alle istituzioni. Dopo aver guidato con successo la lotta al terrorismo delle Brigate Rosse in Piemonte, contribuendo a disarticolare la struttura armata che aveva insanguinato l’Italia negli anni di piombo, venne nominato Prefetto e inviato a Palermo. La sua missione era chiara: contrastare la violenza mafiosa che in quegli anni stava piegando la città e soffocando la società civile.

L’arrivo di Dalla Chiesa a Palermo suscitò speranza e fiducia tra i cittadini, ma anche timori per la durezza della sfida che lo attendeva. La sua uccisione, avvenuta appena cento giorni dopo il suo insediamento, fu un atto eclatante con cui cosa nostra volle lanciare un messaggio allo Stato: la mafia non aveva paura di colpire anche i servitori più alti e valorosi delle istituzioni.

Oggi, in via Carini, la commemorazione. Presenti numerose cariche dello Stato, tra cui il Ministro Piantedosi. Queste le parole del sindaco di Palermo Roberto Lagalla: “Ricordare il Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa non è solo un dovere civico, è un atto politico e morale. È la scelta consapevole di non accettare l’oblio, di non lasciar vincere il silenzio su chi ha provato a disarmare la violenza con il senso dello Stato. Il Generale Dalla Chiesa resta una delle figure più limpide della nostra Repubblica. La sua vita non ci parla solo di legalità, ci parla di giustizia. E la giustizia, a differenza della legalità, non è mai neutra. Sta sempre da una parte: quella dei cittadini, quella della verità, quella delle istituzioni che sanno cosa vuol dire servire e non servirsi.

Nel suo nome, siamo chiamati a chiederci se stiamo facendo abbastanza, se le nostre città sono davvero ostili alla criminalità organizzata. A chi considera questi momenti semplici rituali, rispondiamo con l’impegno quotidiano. Perché la memoria, se non è azione, è complicità. Carlo Alberto Dalla Chiesa è stato un uomo che ha pagato il prezzo più alto per non voltarsi dall’altra parte. Sta a noi, ogni giorno, dimostrare che egli, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente Domenico Russo, uccisi nell’agguato di 43 anni fa, non sono morti invano”. 

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