Tre vittorie, un pareggio, un solo gol subito – e per giunta su autogol – quattro reti realizzate, primo posto in classifica in Serie B e qualificazione in Coppa Italia ottenuta ai rigori contro una squadra di Serie A. Questo è il Palermo di Pippo Inzaghi dalla fine di agosto alla metà di settembre. Un ruolino di marcia che, in qualsiasi altra piazza, verrebbe accolto con entusiasmo, applausi e compattezza attorno a squadra e allenatore. Ma non a Palermo.
Già, perché qui la critica non aspetta. Non serve una sconfitta, non serve un blackout, non servono passi falsi. Basta un passaggio storto a centrocampo, un ruolo interpretato in maniera diversa da quello che qualcuno ritiene “più adatto”, o la giornata no di un attaccante. Ed ecco che fioccano sentenze definitive: il centrocampo non costruisce, i ricambi non sono sufficienti, Inzaghi sbaglia gli undici iniziali, Le Douaron è impreciso, Diakitè commette errori, Ranocchia è fuori ruolo, Brunori o è fuori forma o è un rimpianto se resta in panchina.
Sembra quasi che la partita non la giochi il Palermo, ma la giuria popolare del “processo del lunedì” che in realtà dura sette giorni su sette. Poco importa che il gruppo sia in parte nuovo, che sia normale necessitare di rodaggio, che la squadra mostri grinta, determinazione e capacità di sacrificio. No, a Palermo il risultato non basta: se vinci, devi farlo con stile, spettacolo e zero sbavature. Se non lo fai, sei già messo sotto processo.
Eppure questa squadra, rinunciando talvolta all’estetica per badare al concreto, ha dimostrato umiltà e carattere. Ha saputo lottare, ha saputo soffrire e ha saputo vincere. Ma anziché riconoscerlo, si preferisce arrampicarsi sulle critiche.
La verità è che se questo è l’inizio, allora i presupposti sono quelli giusti. Verranno i momenti difficili, arriveranno anche le sconfitte, e allora sì che servirà la lucidità. Ma se già oggi, con un primo posto in classifica e un passaggio del turno in Coppa Italia, la critica diventa feroce, cosa succederà alla prima caduta? Forse sarebbe il caso di ricordare che la promozione non si conquista a settembre, ma si costruisce con pazienza. E che il nemico peggiore del Palermo, spesso, non è l’avversario in campo ma l’impazienza della sua piazza.