giovedì, 18 Settembre 2025
Il Quotidiano di Palermo - Testata telematica registrata al Tribunale di Palermo n.7/2025 Direttore responsabile: Michele Sardo

Gli inquirenti non credono a questa versione e indagano nel sottobosco della criminalità organizzata

Omicidio Gaglio davanti alla farmacia: “La pistola? L’ho trovata tra i rifiuti”

È fissata per oggi, giovedì 18 settembre, alle ore 10, l’udienza di convalida dell’arresto di Giuseppe Cangemi, accusato dell’omicidio volontario aggravato dalla premeditazione del cognato Stefano Gaglio. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il movente sarebbe da ricercare in rancori familiari legati a questioni economiche. Le immagini riprese dalle telecamere di via Oberdan mostrano la scena: Cangemi arriva con la pistola in pugno e spara a bruciapelo davanti alla farmacia in cui lavorava il cognato, senza lasciare scampo alla vittima.

L’operaio della Rap ha fornito agli investigatori una versione ritenuta inverosimile. Ha raccontato di avere trovato l’arma del delitto in un cassonetto della spazzatura e di averla tenuta nascosta per oltre un anno e mezzo all’interno dell’azienda in cui lavora, nella sede di Brancaccio. Una spiegazione che non ha convinto gli investigatori, coordinati dai pubblici ministeri Maurizio Bonaccorso e Gaetano Bosco, che stanno lavorando per ricostruire la reale filiera attraverso cui l’imputato sarebbe entrato in possesso dell’arma, senza escludere collegamenti con la criminalità organizzata.

Il nome di Cangemi, infatti, era già comparso nell’informativa del maxi-blitz dei 181 scattato lo scorso febbraio. Il 30 aprile 2024 era stato notato in contatto con due figure di spicco della malavita palermitana: Giuseppe Di Maio e Francolino Spadaro, entrambi arrestati nell’operazione. Spadaro, figlio di don Masino, storico boss della Kalsa, è stato assolto dall’accusa di avere partecipato all’omicidio del maresciallo Vito Ievolella nel 1981, ma vanta precedenti per traffico di droga, associazione mafiosa ed estorsione, tra cui quella alla celebre “Focacceria San Francesco”. Di Maio, invece, è considerato dagli inquirenti al vertice della famiglia mafiosa insieme a Giovanni Castello.

Quell’incontro si svolse in un minimarket di via Nicolò Cervello, nel quartiere Kalsa, gestito da Cangemi. I due protagonisti lasciarono i cellulari fuori dal locale, una precauzione che impedì di intercettare i contenuti della conversazione durata circa un’ora. Indizio che lascia intendere la centralità del market come punto di riferimento per il commercio pilotato dai clan.

Dalle indagini è emerso anche il ruolo di Cangemi negli affari della famiglia mafiosa. I boss, attraverso una rete di commerci e imposizioni, piazzavano nei negozi una lunga serie di prodotti: dai rotoloni di carta a piatti e bicchieri di plastica, dal caffè al pesce e ai frutti di mare, fino al ghiaccio.

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