Il più delle volte non compravi nulla, passando la maggior parte del tempo tra area giochi e villaggio gastronomico. Nel migliore dei casi portavi con te uno strumento da cucina miracoloso che sbucciava, tagliava, grattuggiava e trasformava patate, zucchine e carote in eliche, ma che quando tornavi a casa stranamente non funzionava più. Non era chissà che la Fiera del Mediterraneo di Palermo, ma negli anni ’80 e ’90 era un appuntamento fisso irrinunciabile. Ed era quasi sempre sold out.
Orde di ragazzini, ormai quasi liberi dagli impegni scolastici, prendevano d’assalto l’area giochi. L’attrazione numero uno era sua maestà Il Galeone. Non era il Tornado blu, ma per i tempi chi ci saliva sopra, soprattutto occupando i sedili più estremi, era considerato quasi un eroe. Unica indicazione: farlo a digiuno. È intuibile il perché. Quasi sulla stessa stregua e da praticare anch’essa a stomaco vuoto era la ballerina (poi rinominata in Tagadà). Una ruota che girava vorticosamente e contemporaneamente ondeggiava su e giù, a volte anche con scatti improvvisi. Altro cult per giovani e adulti era la casa stregata. Una serie di corridoi bui con qualche figura horror fosforescente in cui c’era poco da aver paura. Molti amori adolescenziali sono nati lì, tra più o meno finte paure e ricerche di protezione.
E poi c’era il padiglione 20, tristemente famoso ai nostri giorni per aver ospitato la macchina anticovid. Era lo spazio preferito dalle mamme o da coppie in procinto di sposarsi, che trovavano lì stand di stanze e cucine, ma anche fotografi, musicisti, rappresentanti di sale ricevimenti. Tutto rigorosamente offerta fiera. Ma anche i papà amanti delle barche e delle moto passavano ore al padiglione 20. Era anche l’incubo dei ragazzi che decidevano di andare in fiera con i genitori. Ore e ore dentro quel palazzone immenso che proseguiva nel padiglione 16. Spazi che sembravano non avere un’uscita. Ma in realtà l’avevano e portava direttamente al villaggio gastronomico dove c’era di tutto. Pizze, hot dog, panini con la porchetta, cartocci, patatine fritte: il tutto mangiato su tavolate di legno, quando c’era posto, o sul gradino del marciapiede. Perché la fiera del Mediterraneo era anche questo: un panino o una pizza al volo, senza troppe etichette e senza troppi problemi. Per i “meno popolari” c’era il ristorante Il Giardino.
I tempi cambiano e la fiera è passata di moda. Sempre meno frequentata, mal gestita, ha chiuso i battenti nel 2008 e gli spazi interni si sono trasformati in un villaggio fantasma che fa più paura della casa stregata degli anni ’90. Un fallimento a cui tutta la città, comprese le Istituzioni, ha assistito incurante e disinteressata. Dal 2015 al 2019 Medifiere provó a rilanciarla ma con scarso successo. Poi il covid che ha aperto nuovamente le porte ai palermitani, i quali hanno potuto rivederla in tutto il suo degrado. Chissà in quanti, percorrendo con la mascherina sul viso quei viali, in attesa del tampone o del vaccino, avranno ricordato i bei tempi passati lì. Anche se tornando a casa il commento era sempre uguale: “ogni anno la stessa cosa”. E forse è stato proprio questo il problema di cui nessuno si è accorto o si è voluto accorgere. La fiera ad un certo punto è diventata talmente anacronistica da annoiare perfino i giovanissimi. Bastava forse reinventarla, adeguarla ai tempi, renderla moderna, tecnologica, innovativa e accattivante. Ma forse siamo ancora in tempo per non perderla del tutto. Servirebbe peró, e non è solo una battuta, un Pasqualino Monti della situazione.
La galleria fotografica è del fotoreporter Giovanni Platania