domenica, 11 Maggio 2025

Il deputato siciliano ha inviato la lettera ai presidenti Meloni e Mattarella

“Non lasciateci soli”: Marco Pirozzo, fratello del giovane ucciso a Monreale, scrive a La Vardera

“Ismaele siamo i familiari di uno dei ragazzi uccisi a Monreale, non lasciateci soli”. È questo l’appello straziante con cui Marco Pirozzo, fratello di Massimo – uno dei tre giovani barbaramente uccisi nella strage di Monreale – ha contattato il deputato regionale siciliano Ismaele La Vardera. Una richiesta di vicinanza e giustizia, che La Vardera ha raccolto subito, incontrando in Parlamento Marco, la sorella di Massimo e la fidanzata del giovane, testimone oculare del delitto.

“Un racconto crudo – scrive il parlamentare in un post condiviso su Facebook – soprattutto dalla sua ragazza che purtroppo ha visto morire Massimo tra le sue braccia, un momento che mi ha profondamente scosso. Loro, giovani come me, mi hanno chiesto a gran voce: Ismaele non lasciateci soli.

Una frase che va oltre il dolore familiare e si trasforma in un grido collettivo. “Marco mi ha consegnato una lettera struggente da inviare ai presidenti Mattarella e Meloni, cosa che ho fatto già, invitandoli pubblicamente ad incontrare questi giovani; perché lo Stato in questi momenti deve rispondere presente”.

La lettera di Marco, indirizzata alle più alte cariche dello Stato, è un atto d’accusa e insieme una supplica. Racconta di una Sicilia da cui è stato costretto a fuggire per cercare dignità altrove. E della tragedia che lo ha colpito quando ha perso il fratello, assassinato mentre si trovava con amici e familiari. “Era lì, nel posto sbagliato, nel momento sbagliato, con la sua compagna, i suoi amici e ai figli di quest’ultimi. Lui, che di quella violenza non era in alcun modo responsabile”.

Parole che pesano come macigni: “Il vuoto lasciato da mio fratello è devastante. È un dolore che non si colma, una ferita che non si rimargina. Ma oltre al dolore, sento un’amarezza profonda: l’assenza di vicinanza da parte delle massime autorità dello Stato”.

Il testo denuncia l’indifferenza istituzionale e le dichiarazioni dell’avvocato dell’imputato Calvaruso, secondo cui “non vi fosse alcuna intenzione violenta” e che “Palermo è così”, quasi a normalizzare la diffusione delle armi e la violenza diffusa. “Ma se oggi consideriamo normale che i nostri giovani vengano ammazzati per strada da persone che impugnano una pistola con leggerezza, allora significa che la guerra ce l’abbiamo già in casa”.

In questa guerra invisibile, Marco invoca l’intervento dello Stato. Chiede pene più severe, interventi concreti, la presenza dell’esercito nelle strade della movida. E si rivolge in particolare al Presidente Mattarella, da siciliano e da fratello: “Le chiedo, con il massimo rispetto, di farsi portavoce del nostro appello. È il momento di agire. È il momento di cambiare”.

Ismaele La Vardera, colpito dalla testimonianza, ha ribadito il proprio impegno: “Presenterò una mozione al presidente della Regione per l’impiego dell’esercito nei luoghi della movida come deterrente. Perché non si può e non si deve morire così”.

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