L’ombra della mafia persiste nonostante gli sforzi per liberare la Sicilia da questa piaga. È nella testa. La recente vandalizzazione dell’area dedicata alle donne coraggiose, situata in via Autonomia Siciliana, è un amaro promemoria che Matteo Messina Denaro può essere morto, ma la mafia è ancora viva nella testa di molti siciliani.
Questa zona, a pochi passi da via D’Amelio, dove nel 1992 la mafia assassinò il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta, è un simbolo. Cartelloni commemorativi, in quella che era una fermata degli autobus dismessa, ricordano donne straordinarie che hanno testimoniato coraggio, memoria e dedizione nel contrastare il fenomeno mafioso. Tra queste Rita Borsellino, Rita Atria, Agnese Piraino Leto, Emanuela Loi e Maria Pia Lepanto.
L’atto vandalico che l’ha colpita, per l’ennesima volta, è un brutto gesto. Dimostra che nonostante gli arresti e gli sforzi dei magistrati e delle forze dell’ordine, nonostante i tanti sacrifici in termini di vite umane, la mentalità mafiosa perdura. Con un pennarello qualcuno ha perfino colorato l’occhio di Rita Borsellino. Segno che c’è ancora molto lavoro da fare, per sradicare completamente questa piaga. La mafia è nella testa di tanti palermitani e siciliani che anche se non hanno mai giurato fedeltà a cosa nostra, l’avallano con gesti, comportamenti e mentalità. E di esempi da citare ce ne sarebbero tanti. L’assenza di regole, la prepotenza, la prevaricazione, la ricerca della raccomandazione, il voler trovare sempre l’escamotage per fregare le istituzioni, il non pagare le tasse o semplicemente saltare la fila. E poi la violenza, anche verbale, per strada, sui social, gli atti vandalici, soprattutto nelle scuole, gli incendi.
“Ormai non m’interessa più il perché vandalizzano i pannelli – spiega a QdP Emilio Corrao, genero di Rita Borsellino – ma il dove siamo arrivati con questa deriva sociale, questa disattenzione politica, questa mancanza di cura e manutenzione, questa indifferenza anche condominiale allargata a tutto il vicinato, alla gente che sa chi sono io e che malgrado abbia di certo notato i pannelli rotti non si è neppure preoccupata di informarmi. Ormai – conclude Corrao – l’attenzione ha lasciato posto all’indifferenza. E temo che al fresco profumo di libertà si stia opponendo ormai il puzzo del compromesso”.
Questo episodio deve servire da richiamo per tutti coloro che credono nella lotta contro la mafia, la prepotenza, la prevaricazione e la mentalità mafiosa. La Sicilia non può permettersi di dimenticare il suo passato oscuro o ignorare il suo presente incerto e deve PROTEGGERE i suoi EROI, anche se si tratta solo di un albero o di un manifesto. È un dovere per ogni cittadino siciliano, ma anche per le istituzioni, salvaguardare ogni angolo della città come se fosse casa sua. La memoria delle donne coraggiose che hanno sfidato la mafia è un faro di speranza per una Sicilia evoluta, anche intellettualmente, e soprattutto libera. E merita di essere preservata. Chi non vuole permetterlo non è diverso da un mafioso. Non uccide uomini, ma uccide la speranza che qualcosa, in questa martoriata terra, possa ancora sopravvivere.