giovedì, 9 Ottobre 2025
Il Quotidiano di Palermo - Testata telematica registrata al Tribunale di Palermo n.7/2025 Direttore responsabile: Michele Sardo

Non possiamo dire di non sapere e nemmeno dividerci tra destra e sinistra. Il vero mostro è la distruzione sistematica di un popolo

La Flotilla, Israele e il dovere di non voltarsi dall’altra parte

La vicenda della Freedom Flotilla impone uno sforzo di lucidità. Non serve amare gli attivisti che vi prendono parte, né condividere il linguaggio o le figure che più spesso se ne fanno portavoce. Ciò che conta è un fatto giuridico e politico incontestabile: Israele ha abbordato quelle imbarcazioni in acque internazionali, violando apertamente il diritto internazionale. Ha arrestato cittadini di altri Paesi in un luogo sul quale non ha alcuna sovranità, senza che il nostro governo o la comunità internazionale abbiano saputo o voluto reagire.

Ma questo episodio è solo il riflesso di qualcosa di più grande e più grave. Israele continua a esercitare una violenza sistematica sulla popolazione palestinese: bombardamenti, espulsioni, fame, repressione. Non sono le voci degli attivisti a dirlo, ma le risoluzioni delle Nazioni Unite e le immagini che ogni giorno circolano sui nostri schermi. È un dato storico: sin dalla sua fondazione, Israele ha costruito la propria politica sulla violazione delle regole internazionali.

Eppure, in questo scenario, rischiamo di cadere nella trappola degli schieramenti: destra contro sinistra, simpatia o antipatia per chi solleva la questione. È un errore. Non si tratta di condividere ogni slogan o di apprezzare chi oggi occupa la scena, ma di riconoscere che, in questo caso, hanno acceso un riflettore su Netanyahu e sulla sua politica di occupazione e di guerra.

La lucidità sta nel guardare al cuore della questione: i veri nemici dell’umanità non sono gli attivisti che non ci piacciono, ma coloro che hanno causato decine di migliaia di morti, tra cui migliaia di bambini, e che portano avanti un piano di sterminio che molti osservatori definiscono genocidio.

È in questo contesto che la parola “Resistenza” acquista senso. Resistenza non come bandiera ideologica, ma come dovere morale e civile contro la disumanità e l’illegalità. Voltarsi dall’altra parte significherebbe accettare lo stesso silenzio che, in altri momenti della storia, ha consentito i peggiori crimini contro l’umanità.

Oggi non possiamo dire di non sapere. Non possiamo fingere che il problema sia l’attivista che ci sta antipatico, quando il vero “mostro” è la distruzione sistematica di un popolo. È il momento di parlarne, di protestare, di pretendere che il diritto internazionale venga rispettato. Non è una questione di simpatia o di schieramenti, ma di giustizia, di coscienza e di civiltà.

22.7 C
Palermo

Seguici sui social