Ha il volto ancora da ragazzo Mattia Conti, 19 anni, ma per la Procura di Palermo avrebbe avuto un ruolo da adulto nella notte che ha insanguinato Monreale. È lui il terzo giovane finito in manette con l’accusa di concorso in strage per il triplice omicidio del 27 aprile scorso.
Secondo gli inquirenti, coordinati dal procuratore Maurizio de Lucia, Conti avrebbe partecipato attivamente alla sparatoria in cui sono stati assassinati Massimo Pirozzo, Salvo Turdo e Andrea Miceli. Tre vite spezzate nei pressi del Duomo a colpi di pistola.
Conti, come gli altri due arrestati – Salvatore Calvaruso e Samuel Acquisto – proviene dallo Zen, un quartiere difficile, dove la vita spesso corre su binari paralleli rispetto a quelli della legalità. E in quel contesto Mattia è cresciuto, segnato da un ambiente familiare tutt’altro che semplice: il padre ha precedenti per spaccio, una zavorra che il giovane pare non sia riuscito – o forse non ha voluto – scrollarsi di dosso.
Chi lo conosce lo descrive come un ragazzo riservato. Non un leader, ma nemmeno uno sprovveduto. “Furbo”, dicono di lui, “uno che sapeva stare al mondo”. Eppure dietro quella furbizia si nascondeva, secondo le indagini, la capacità di muoversi nell’ombra e di uccidere con freddezza nella notte della strage.
Dalle ricostruzioni degli inquirenti emerge che sarebbe stato proprio Samuel Acquisto a istigare gli amici a impugnare le armi. Mattia Conti avrebbe risposto presente, salendo a bordo dell’auto della morte e prendendo parte attiva all’esecuzione.
Un ruolo ancora tutto da definire nei dettagli, ma sufficiente – secondo la Procura – per contestargli la gravissima accusa di concorso in strage. Un reato che, per la sua gravità e la sua ferocia, segna una linea di demarcazione netta nella vita di chi ne è coinvolto: prima e dopo.