Diario di un NonPapà: “Il sistema se ne fotte di te”

Le battaglie quotidiane di un padre separato tra pregiudizi, stigma e la lotta per la paternità

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Il debutto in società segna per i nonpapà un punto di non ritorno. Da quel momento, la vita cambia per sempre e sperimenti sulla tua pelle lo stigma del pregiudizio, affilato come una falce, pesante come un martello. Stai non benissimo, ti lecchi le ferite di una relazione di coppia andata male, ma che ti ha regalato un erede – un giorno tutto quello che non hai, sarà suo! – e cerchi con enormi difficoltà di resistere. Stai attraversando su una zattera sgarrupata l’oceano in tempesta ma sai che puoi, vuoi resistere. Lo vuoi per te e soprattutto per tuo figlio, che se ne frega beatamente della zattera, dell’oceano e pure della tempesta. Le perle di saggezza della nonna ti vengono in soccorso: c’è un tempo per tutto, bel tempo e maltempo (!) non durano tutto il tempo… e bla bla bla.

Ma se tua nonna, buonanima, è riuscita a vivere la Liberazione, per te, nonpapà separato e in rapporti non proprio idilliaci con la mamma, il rischio di fare la fine del povero soldato giapponese e resistere a oltranza è quanto mai concreto. Insomma, d’accordo resistere, resistere, resistere, ma più il tempo passa e più cominci a chiederti quando arriverà il tuo 25 aprile. E, soprattutto, perché si devono utilizzare termini bellici?

Ed è con queste domande insidiose e bastarde che ti circolano nelle vene che cominci a muoverti nel mondo con la tua nuova identità di nonpapà e, per quanti sforzi tu possa fare, ti accorgi che nulla è più lo stesso, ti senti straniero a casa – metaforicamente parlando, perché una casa tua non ce l’hai più – malvisto, sei un “most wanted” delle serie americane, e forse c’è pure una taglia su di te. Se hai pure la sventura di avere un animo con qualche crepa di sensibilità in più del modello base, cominci a sentirti un “negro” nell’Alabama della metà del secolo scorso. Il tuo cammino, a ogni passo, è lastricato di nemici giudicanti e condannanti, scopri che fai parte di un gruppo socialmente svantaggiato, molto più numeroso di quanto si immagini, anche le scie chimiche ce l’hanno con te!

Ma tutto questo non è solo frutto della tua paranoia ormai galoppante, anche se stare a lungo tra i marosi non aiuta certo la tua serenità, quanto, in larga misura, della gigantesca campagna di disinformazione messa in piedi da colei con cui i rapporti, come detto, sono e continuano a non essere idilliaci. Perché è vero che una separazione, ancora di più se con figli di mezzo, è una livella e fa male a tutti, ma è ancora più vero che a fare la differenza è come viene gestita. E gestirla senza farla diventare una guerra di vendetta, invece, non è da tutti.
Quando riesci a mettere a fuoco queste verità solitamente è perché già ti trovi dentro al conflitto, anche se ancora non dichiarato ufficialmente. Cominci finalmente a spiegarti perché si utilizzano tutti quei termini bellici e realizzi – boom! – che tutto è scontro, lotta, duello: vedere tuo figlio, stare con lei, andarlo a trovare se ha la febbre, sentirlo per darle la buonanotte… tutto. Sei in pieno conflitto e purtroppo per te, nonpapà, il tuo “nemico” potrà forse (?) avere il tuo stesso identico umore, ma quando si volta e ti vede di sicuro non ha paura. Dall’altra parte della barricata, infatti, chi indossa la divisa di un altro colore può imbracciare contro di te l’artiglieria più micidiale che ci sia, tuo figlio. E se succede – e succede molto ma molto più spesso di quanto si pensi – non ci sono scudi stellari capaci di proteggerti.
É in questo climax di mazzate che il tuo migliore amico diventa l’avvocato e se non ce l’hai, come nelle serie Usa di cui sopra, tranquillo, te ne verrà dato uno d’ufficio. Ed è su consiglio dell’avvocato che inizi il tuo girone dantesco, un infernale gioco dell’oca dove, se tutto di va di gran lusso, torni alla casella del via senza andare in prigione. Sì, perché metaforicamente e non, la tua considerazione sociale è ormai precipitata ai livelli di un serial killer mangiafagioli condannato in Texas alla sedia elettrica: lo Stato contro Leone Re. Non hai scampo, sei spacciato.
Con la differenza che per il nonpapà non ci sarà mai nessuno che si sbatterà per rivedere il caso, trovare qualche falla nel castello di prove costruite dall’accusa, cercare in extremis una disperata grazia. Se non finisci al gabbio, quindi, è già un gran successo.

E qui, da come riesce a trasferirti questo concetto – tanto ostico da digerire quanto fondamentale per la tua salute mentale – alternando sapientemente piuma e ferro, che si riconosce il bravo avvocato. Perché tu, neo nonpapà fresco di separazione, proprio non riesci a digerire questa rovinosa caduta nei bassifondi della considerazione sociale: ti ribelli, ti dimeni, mostri il diploma di laurea, la fedina penale immacolata, la patente con tutti i punti al loro posto… insomma, gridi forte che sei una brava persona e che vuoi “solo” fare il papà. No! L’avvocato ti mette pietosamente una mano sulla spalla e ti fa capire che il Sistema se ne fotte di te. Dice proprio così: il Sistema se ne fotte di te.