Corini, il Palermo e il delitto perfetto: ora sono chiari i colpevoli

L'accanimento della piazza nei confronti dell'allenatore, il silenzio della società, l'alibi che metteva a riparo i calciatori: una stagione che più di rosa sa di giallo

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Tutto gira attorno ad un alibi: il Palermo va male? La colpa è di Corini. Ma partiamo dall’inizio. Il giallo inizia con un algoritmo. A scegliere l’allenatore non sarà il City ma un’intelligenza artificiale che terrà conto di tanti fattori. Poi arrivó l’ex Eugenio Corini che, promozione col Brescia a parte, non aveva una gran carriera da allenatore. Anzi, nel suo pedigree si contavano parecchi fallimenti, con dimissioni, esoneri e obiettivi non raggiunti.

Nonostante ciò, l’algoritmo scelse “il capitano”, un idolo da calciatore per Palermo e un cavallo di ritorno come allenatore, con dimissioni sbattute in faccia a quello che era considerato il mangiallenatori per eccellenza, ovvero la buonanima del presidente Zamparini.

Da subito la piazza mostró perplessità su Corini allenatore. Le aspettative erano altissime, perché siamo nella costellazione di Mansur. Ed è proprio qui che scattó il secondo colossale equivoco: City non è il Re Mida, non tutti gli acquisti di calciomercato, quindi, diventano oro. Il primo anno di B fu di prova. Niente promozione e nemmeno playoff. Ma era in preventivo, la A non era nei programmi della società. Ricchi sì, ma spese folli no.

In tanti si aspettavano e auspicavano l’allontanamento di Corini, al termine di una stagione poco esaltante dal punto di vista del gioco. E invece si continuó con lui. Ed è qui che scatta il delitto perfetto. Corini diviene il parafulmine di tifosi, società e calciatori fin dalle prime battute di questo campionato. I sostenitori rosa gli danno la colpa pure se fuori piove, il club lo lascia solo a parlare coi giornalisti, e i giocatori che vanno in campo a giocare hanno un alibi che li mette al sicuro: qualsiasi cosa succeda non sarà mai colpa loro.

Puoi fare centomila cose buone nella vita, ma basta un errore e la gente ricorderà sempre solo quello. Di defaillance Corini, a dire il vero, ne ha avute tante. Il suo integralismo sul modulo, qualche giocatore schierato fuori ruolo, cambi in corsa spesso poco convincenti. Ma che non fosse solo lui il problema di questo Palermo adesso, finalmente, sembra essere palese anche ai suoi detrattori più accaniti.

Eppure sarebbe bastato guardare con attenzione le partite, che avevano quasi sempre lo stesso copione. Squadra gagliarda nel primo tempo, squadra di polli nel secondo. Strano. A volte si è anche visto bel gioco, ma poi tutto veniva vanificato da momenti di disattenzione, costante di ogni gara, che ringalluzzivano, con rimonte incredibili, gli avversari di turno.

Il City, probabilmente, non avrebbe mai esonerato il Genio. Forse perché sapeva di più dei tifosi. Una squadra sopravvalutata, palesemente spaccata al suo interno, che non ha mai mostrato in campo voglia, garra, determinazione, amore per un progetto e per la maglia, dedizione e applicazione. Tutti elementi che servono a vincere e ad essere una spanna sopra tutti gli altri. Ma l’unico colpevole era Corini. Palermo voleva una testa e l’ha avuta. Ma a quanto pare era quella sbagliata. Il City ha ceduto alla volontà popolare alla fine, decisamente a malincuore, ma ha sbagliato. Esonerare l’allenatore non è servito a nulla. Anzi, forse a qualcosa sì. Ora che il delitto perfetto si è consumato è caduto l’alibi, ed emergono gli altri colpevoli di una stagione finora fallimentare.

Attenzione però perché non è finita. Siamo sesti e andremo ai playoff. Pur non meritandolo, il Palermo è ancora in corsa per la promozione. Sarà impresa molto difficile, viste le condizioni fisiche e mentali dei nostri giocatori e la confusione tattica del nostro nuovo allenatore Mignani. Ma nulla è impossibile in questo nostro calcio italiano. I Playoff sono un campionato a sé. Baldini docet.