Lo chef Angelo Cammarata, titolare dell’Antica Locanda di Gangi, ha osato ciò che molti considerano impensabile: unire due capisaldi dello street food palermitano, l’arancina e la meusa. Il risultato? Una creazione che ha fatto infuriare molti puristi della tradizione gastronomica siciliana.
La polemica divampata sui social è sintomatica di un attaccamento viscerale alle ricette storiche. Per i palermitani, la cucina non è solo un piacere per il palato, ma un patrimonio culturale da difendere con le unghie e con i denti. Ecco perché l’idea di trasformare l’arancina l, simbolo della festa di Santa Lucia e orgoglio della cucina siciliana, in un ibrido con la meusa, il ripieno tipico del panino con la milza, suona a molti come un affronto.
Ma è davvero così scandaloso innovare? Se guardiamo alla storia della cucina, molte ricette che oggi consideriamo “tradizionali” sono in realtà il frutto di contaminazioni e sperimentazioni. La stessa arancina, pur essendo un’icona della gastronomia isolana, ha origini arabe. E la meusa? Un piatto povero che, nel tempo, è diventato simbolo dell’identità palermitana.
Cammarata ha semplicemente fatto ciò che ogni chef dovrebbe fare: sperimentare. Che il risultato piaccia o meno è soggettivo, ma demonizzarlo in nome della tradizione rischia di fossilizzare una cucina che, invece, ha sempre vissuto di evoluzioni.
Tra le creazioni dello chef anche i calzoni con la milza e quelli con la n’duja calabrese e i friarelli.