Un esposto dettagliato e durissimo, indirizzato alle più alte cariche dello Stato e della Regione, dal Presidente della Repubblica al Prefetto di Palermo, fino al Rettore dell’Università e al Ministro della Salute. Con la nota protocollata il 4 novembre 2025, l’organizzazione sindacale SNALS Università denuncia «con fermezza e profondo sdegno la gravissima condizione in cui versa la sede provvisoria dell’Ambulatorio Gravi Disabili del Policlinico “Paolo Giaccone” di Palermo».
Il documento, firmato dal coordinatore provinciale Giovanni Madonia Ferraro e dal segretario provinciale avvocato Giovanni Provenzani, descrive una situazione che «anziché rappresentare un centro di accoglienza, rispetto e tutela per i pazienti più fragili, è divenuta un simbolo di incuria e di negazione della dignità umana». Secondo lo SNALS, è inaccettabile che un’azienda ospedaliero-universitaria, centro di formazione, ricerca e assistenza di eccellenza, consenta che un servizio rivolto ai disabili gravi operi «in condizioni tanto indecorose da ledere i diritti fondamentali delle persone e delle famiglie coinvolte».
Il sindacato richiama con forza il quadro normativo di riferimento – il D.M. 236 del 1989, il D.P.R. 503 del 1996 e la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità – che impone a tutte le strutture pubbliche di garantire piena accessibilità, sicurezza e rispetto della persona. Eppure, sottolinea lo SNALS, «lì dove la legge dovrebbe essere rigidamente applicata, regna invece la prassi del “ci arrangiamo“».
La lettera descrive le condizioni in cui versa l’ambulatorio: stanze senza porte, spazi angusti che rendono difficile il passaggio di una carrozzina, un bagno disabili collocato nello stesso ambiente in cui il personale accoglie i pazienti e compila la documentazione sanitaria, e perfino la presenza di una telecamera nella sala visite, installata – secondo quanto denunciato – senza alcuna preventiva autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro né accordo con le rappresentanze sindacali.
Per lo SNALS, il bagno all’interno della stanza di accoglienza e la telecamera nella sala visite non rappresentano semplici irregolarità tecniche, ma vere e proprie «ferite alla dignità umana». Chi arriva in carrozzina o con disabilità cognitiva, si legge ancora nell’esposto, non dovrebbe mai subire l’umiliazione di essere visitato in un ambiente aperto e sorvegliato.
L’Ambulatorio Gravi Disabili, unico punto dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria dedicato alla presa in carico di pazienti con disabilità complesse, si trova oggi – afferma il sindacato – in condizioni «che nessuna struttura sanitaria dovrebbe tollerare». La commistione tra area assistenziale e servizio igienico viene definita «una negazione di ogni concetto di riservatezza, autonomia e decoro».
Il sindacato denuncia inoltre l’inerzia della Direzione Strategica del Policlinico e del Comitato Consultivo Aziendale, che non avrebbero dato seguito alle richieste di verifica e di intervento per porre rimedio a una situazione ritenuta «indegna di un’azienda universitaria».
Nella parte conclusiva dell’esposto vengono indicate alcune azioni urgenti e concrete: la rimozione immediata della telecamera dalla stanza visite, l’installazione di una porta o di una barriera fisica che garantisca la privacy, la separazione del bagno disabili dall’area di accoglienza, l’individuazione di una sede realmente adeguata e la pubblicazione dei tempi previsti per il rientro nella sede originaria.
Per lo SNALS, «quando un paziente in carrozzina viene visitato in una stanza senza porta, accanto a un bagno aperto e sotto l’occhio di una telecamera, si crea una situazione inaccettabile». Il Policlinico, si legge ancora, «oltre al dovere morale ha anche quello giuridico di garantire che i disabili non siano pazienti di serie B, ma cittadini portatori di diritti inviolabili».
L’organizzazione sindacale chiede quindi che le autorità competenti «dispongano gli opportuni accertamenti e adottino le misure previste dalla legge». Il documento si chiude con un appello che va oltre la denuncia amministrativa: un richiamo alla responsabilità etica e civile delle istituzioni sanitarie e politiche, affinché la disabilità non venga trattata come un problema di spazio o di logistica, ma come una condizione umana che richiede rispetto, attenzione e tutela.




