mercoledì, 2 Luglio 2025
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All'interno l'intervista video a Galvagno

Ars, Galvagno torna in aula: “Non mi dimetto, l’indagine è ancora in corso”

In un’aula da toni misurati ma attraversata da tensioni profonde, il presidente dell’Assemblea regionale siciliana Gaetano Galvagno si è presentato ieri in aula per annunciare di essere indagato. L’accusa è corruzione.

Però nessun passo indietro, nessuna autosospensione: Galvagno rimane al suo posto, convinto della propria innocenza e deciso ad affidarsi alla giustizia ordinaria, ribadendo di “non aver mai messo la propria funzione a disposizione di interessi personali”.

«Da più parti mi è stato chiesto di fare un passo indietro – dichiara Galvagno – . E rifletto sul fatto che non sono attaccato alla poltrona ma se decidessi di dimettermi finirei per affermare il principio che un messaggio diffuso sui social sia più forte della Costituzione. Ricordo che l’indagine è ancora in corso, non chiusa, e che ci saranno eventualmente più gradi di giudizio».

A chi gli aveva consigliato di fare un passo indietro, quindi, il presidente dell’Ars non ha risposto con le dimissioni ma facendo due passi avanti. Il dibattito che è seguito in aula, aperto dallo stesso Galvagno, è diventata l’occasione per una riflessione più ampia, quasi collettiva, sul sistema politico siciliano, tra chi gli era solidale ma anche con chi vorrebbe il suo allontanamento.

Il centrodestra è sembrato compatto nel difendere il proprio presidente. Sono arrivati attestati di stima e di solidarietà, seppur prudenti, da Fratelli d’Italia, Popolari e Autonomisti, Lega, Democrazia Cristiana e Forza Italia. In tanti hanno preferito il silenzio in attesa che possa essere fatta chiarezza sulla vicenda. Galvagno ha scelto comunque di lasciare temporaneamente la presidenza dell’aula al vicepresidente Nuccio Di Paola

Non sono mancate voci critiche, come quella del deputato Ismaele La Vardera, che ha invocato l’autosospensione e ha posto il tema sulla responsabilità politica. Antonino De Luca del Movimento 5 Stelle, ha provato a spostare l’attenzione sul piano delle riforme, proponendo l’abbandono del meccanismo dei maxi-emendamenti.

È infatti proprio attorno ai contributi distribuiti nei bilanci attraverso emendamenti dell’ultima ora che si addensa il sospetto: secondo la procura, sarebbe lì che si anniderebbero le condotte corruttive contestate. Gianfranco Micciché, ha definito “surreale” discutere di qualcosa che nessuno conosce nei dettagli, e ha invitaro l’aula a interrogarsi sul metodo: “Abbiamo tutti delle responsabilità politiche per come si è gestita la finanziaria in questi anni”.

Ma se l’aula si è mostrata in gran parte garantista, fuori da essa il malessere è palpabile. Lo testimoniano i riferimenti a un “contesto di degrado”, come lo definisce Antonello Cracolici, o a una “questione etica e morale” da tutelare, secondo La Vardera. Michele Catanzaro, capogruppo del Pd, non ha risparmiato critiche nemmeno al presidente della Regione Renato Schifani, accusandolo di non aver rotto con un sistema che “ha solo cambiato gli assessori, lasciando intatte le logiche di partito”.

Schifani, presente in aula, ha offerto un segnale di sostegno al presidente dell’Ars, con un abbraccio che in molti leggono come un tentativo di blindare la compattezza della maggioranza. Era assente in aula Elvira Amata, da ieri anch’essa iscritta nel registro degli indagati.

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