Un altro ragazzo palermitano appena 20enne è morto, dopo 15 giorni di agonia, a causa di un incidente con la moto. Una morte annunciata per l’estrema gravità delle ferite. Ma fino all’ultimo i suoi affetti più cari hanno sperato. La mamma, Luisa Verdicaro, è stata accanto al suo Kevin dall’inizio, da quando ha ricevuto quella maledetta telefonata, in quel tremendo pomeriggio del 13 giugno scorso fino al devastante 28 giugno, quando alle 3 del pomeriggio il cuore del 20enne dello Sperone ha smesso di battere.
Luisa sul suo profilo facebook ha alternato storie, post, video del suo piccolo-grande Kevin. Probabilmente un modo per tenerlo in vita, per esorcizzare il dolore, per cercare un conforto che potesse lenire in qualche modo quella profonda angoscia e l’enorme paura di perdere il suo giovane figlio. Uno squarcio nel cuore contro natura, uno strazio che nessun genitore dovrebbe mai subire.
“E adesso chi mi farà morire dalle risate?
Come faremo senza le tue battute o senza le tue idee pazze? – chiede a Kevin su Facebook la sua amica Elena Ingrassia -. Sei stato il ragazzo più gentile e disponibile che io conosca e ti ricorderemo proprio per questo. Corri con il tuo amato motore più in alto che puoi”.
L’amata moto, quella a cui Kevin dedicava cure e attenzioni. La stessa moto, dannata, che lo ha ucciso in quel pericolosissimo tornante che da Monreale porta a Palermo. La chiamano la curva di San Ciro, ma in quel maledetto pomeriggio del 13 giugno non c’era nessuna entità celeste ad attutire il colpo di quella terribile caduta. Testimoni che hanno visto il ragazzo a terra, in fin di vita, dopo lo scontro con il guardrail, pensavano che Kevin non avrebbe superato la notte perché la gravità di quelle ferite era evidente. E invece di notti, il giovane 20enne dello Sperone, ne ha superate quattordici. Era un lottatore. Un leone, dice la madre. Si vede nei video, nelle foto, nelle storie di mamma Luisa, in questi lunghissimi giorni in cui l’impotenza, la rabbia e il dolore si mescolavano, sfocati dalla tragica illusione che qualcosa poteva sempre cambiare, magari con un miracolo, affidandosi a quella speranza che è sempre l’ultima a morire. Nonostante il parere dei medici, nonostante quella interminabile agonia, nonostante la consapevolezza che quella fiammella era troppo flebile per restare accesa.
Poi il fulmine che sveglia tutti: Kevin se n’è andato davvero, ha smesso di lottare e di soffrire. I medici hanno fatto di tutto ma non sono riusciti a strapparlo alla morte. E adesso, dopo tanto vegliare, dopo tante preghiere e invocazioni, la sofferenza resta ai genitori, ai fratelli e a chi ha voluto bene a quel piccolo lottatore che purtroppo ha perso la battaglia più importante.
“Non ho molto da dire – scrive mamma Luisa -. Il mio tutto si è fermato il 13 giugno alle 17.16, dopo quella maledetta telefonata: “mamma corri, Kevin è grave”. Quindici giorni di dolore infinito amore mio. Sharon, Christian, Alessandro – gli altri tre figli della donna – vite mie… Quanto dolore, quanta paura dentro i vostri occhi. E quante domande a cui nemmeno io potevo più rispondere. Perché c’era poco da capire. Il mio bimbo, giorno per giorno ci ha regalato del tempo che ci è servito per metabolizzare, per capire ciò che stava accadendo. Amore mio, sei stato un leone fino alla fine del tuo ultimo battito che non dimenticherò mai. E noi stretti a te, cuore mio, non ti abbiamo mollato. Il tuo cuoricino si è fermato alle 14.58. Adesso riposati. La tua mamma è qui, tutti noi siamo qui”.
Il corpo di Kevin si trova adesso nella camera mortuaria dell’ospedale Civico di Palermo, dove da ieri è un viavai di compagni, familiari e amici. Oggi il ragazzo sarà portato a casa dei nonni allo Sperone per l’ultimo saluto di coloro che gli hanno voluto bene.