Si è svolto al Tribunale di Palemo, davanti alla Corte di Assise presieduta dal giudice Vincenzo Terranova, il processo per l’omicidio del 41enne Badr Boudjemai, cameriere algerino, noto come Samir, ucciso lo scorso 4 novembre in via Roma, a Palermo, con tre colpi di pistola.
Davanti al giudice ha dato la sua testimonianza Giuseppe Lo Jacono, cuoco del ristorante Appetì in cui lavorava Samir, e marito della titolare. Lo chef ha puntato il dito contro Aly Elabed Baguera, 32 anni, e contro lo zio Kamel Elabed, di 61 anni, accusati di avere ucciso il cameriere.
I due lavoravano per il ristorante a conduzione familiare Al Magnum in via Emerico Amari che si trova proprio accanto a quello in cui era impiegato la vittima dell’incidente. Dal racconto di Lo Jacono i rapporti tra gli staff dei due locali non erano idilliaci. Samir faceva il buttadentro e pare fosse piuttosto bravo. A tal punto da scaturire l’invidia e la rabbia dei suoi vicini per ogni cliente che entrava nel locale concorrente. Una competizione che avrebbe portato addirittura all’omicidio, avvenuto la notte fra il 3 e il 4 novembre di fronte alle Poste centrali di via Roma.
«Era buono e bravo – racconta Lo Jacono -. Samir e Aly non si rivolgevano la parola. Mi dicevano che gli Elabed lo guardavano male, atteggiamenti che io stesso ho avuto modo di appurare. Se un turista passava davanti al loro locale e si fermava da noi, cominciavano i problemi. Una volta – continua il cuoco – mio fratello si era accorto che dicevano ai clienti che da noi si mangiava male, gli animi si erano scaldati. Avevano preso a strattonarsi. Quando sono uscito dalla cucina li ho divisi e poi abbiamo parlato per chiudere la questione. Da questo episodio in poi, Samir non mi ha riferito più nulla, ma nell’ultimo periodo sembrava più pensieroso del solito».
La famiglia Elabed, di cui fanno parte i due accusati, gestisce a Palermo tre ristoranti, tra cui Al Magnum. Secondo la ricostruzione dei loro legali – Salvino, Mario e Giada Caputo – i contrasti non erano peró così gravi e le liti non sempre partivano per colpa dei loro assistiti. Anzi, gli Elabed avrebbero provato a sanare i dissapori. Screzi non talmente importanti da scatenare la furia omicida.
Gli avvocati stanno anche cercando di dimostrare che i due inquisiti non stavano cercando di fuggire dopo l’omicidio di Samir. Kamel sarebbe andato due volte in Tunisia, facendo comunque ritorno a Palermo, per far visita ad uno zio malato, mentre Aly Baguera avrebbe avuto il borsone pieno di vestiti al momento dell’arresto perché in casa non aveva spazio per un armadio.
La prossima udienza è fissata per il 17 luglio. I pubblici ministeri mostreranno in tale occasione il video dell’omicidio registrato da una videocamera di videosorveglianza della zona. Si vede un uomo con un giubbotto nero e con un cappuccio in testa che spara tre colpi e scappa via lasciando il giovane tunisino agonizzante a terra. Un frame, secondo gli investigatori, mostrerebbe il volto di Aly Elabed. Ma gli avvocati della difesa sono pronti a smontare l’accusa.