L’ombra della corruzione sulle amministrazioni pubbliche di alcuni comuni siciliani. Un intricato giro di tangenti che coinvolge funzionari pubblici e dirigenti di una cooperativa sociale di Partinico. Le accuse, che vanno dall’associazione per delinquere alla turbata libertà degli incanti, hanno portato a un’operazione di vasta portata eseguita dai carabinieri di Palermo, sotto la guida della Procura guidata da Maurizio De Lucia.
Undici persone indagate: in carcere sono finiti Giuseppe Gaglio, legale rappresentante e presidente del Consiglio d’amministrazione della cooperativa Nido d’Argento, Massimiliano Terzo, dipendente della cooperativa, e Gaetano Di Giovanni, dirigente del distretto socio sanitario di Agrigento e capo dei vigili urbani della Città dei Templi. I domiciliari sono stati disposti per Giuseppe Chiaramonte e Francesco Chiavello, dipendente ed ex dipendente della Nido D’Argento, per l’ex sindaco di Partinico Salvatore Lo Biundo, per Maria Pia Falco, istruttore direttivo al Comune di Marsala, e Aldo Raimondi, responsabile del settore Politiche Sociali e Culturali del Comune di San Cataldo. Tra le accuse, corruzione per esercizio della funzione, peculato e altri reati contro la pubblica amministrazione.
I quattro soci della cooperativa socio-assistenziale sono a capo di un’associazione per delinquere con la quale avrebbero corrotto pubblici ufficiali, compresi dirigenti e funzionari dei Comuni siciliani di Partinico, Balestrate, Marsala, San Cataldo, Agrigento e Palermo. Le tangenti venivano offerte sotto forma di denaro, gioielli, regali e cene in rinomati ristoranti. C’è il sospetto, inoltre, che la cooperativa abbia favorito assunzioni di individui indicati dai pubblici ufficiali corrotti, con l’obiettivo di accelerare i pagamenti da parte degli enti locali o di ottenere vantaggi nei processi di aggiudicazione degli appalti pubblici. Sarebbero anche state emisse fatture per servizi mai dati, per un valore di circa 30 mila euro, che sono state successivamente saldate dagli enti pubblici. Questo tipo di frode ha costretto le istituzioni ad erogare fondi per servizi inesistenti e ha alimentato un giro di tangenti che ha minato la fiducia nell’integrità del settore pubblico.
Le indagini hanno anche rivelato che i vertici della cooperativa e i pubblici ufficiali corrotti si incontravano regolarmente in luoghi discreti, come un borgo nei pressi di Partinico, per rinsaldare i loro legami illeciti. In risposta a queste rivelazioni, il giudice per le indagini preliminari ha ordinato il sequestro preventivo di una somma superiore ai 50 mila euro, gioielli e persino della cooperativa stessa, che ha un fatturato annuo di circa 13 milioni di euro e più di 1.250 dipendenti.