Quattro vittorie di fila al Barbera sono l’inequivocabile segnale di una inversione di tendenza. Il nostro stadio era diventato una sorta di terra di conquista per gli avversari e l’avere riportato il glorioso Barbera ad essere la roccaforte su cui costruire il percorso vincente in campionato è già di per sé una notizia.
Un’altra importante considerazione da fare riguarda i punti collezionati con le ultime dieci della classifica, 15 su 36 fino a ieri. Una squadra che ambisce alla promozione non può permettersi di dilapidarli con le cosiddette piccole. Palermo-Bari ha detto questo ma anche tanto altro. Il Palermo non ha, e non avrà, la fluidità di gioco delle ammazza campionato, ma, ha un organico composto da eccellenti individualità. Esse messe al servizio della squadra stanno finalmente dando i risultati attesi.
La crescita di gente come Nedelcearu e Segre, quest’ultimo fenomenale anche in fase realizzativa, unite agli innesti di gennaio possono garantire al Palermo una seconda parte di stagione esaltante. Diakite, alla prima in rosanero, ha subito fatto vedere cosa deve fare un esterno basso. Attento in marcatura e sempre pronto a proporsi ha consentito a Insigne prima e Di Mariano successivamente di muoversi con lucidità ed efficacia in attacco.
A proposito merita una menzione proprio Checco, autore di due assist da modello cioccolataio. E poi c’è lui, Filippo Ranocchia, in due partite si è già preso il Palermo. Detta i tempi del gioco liberando Gomes da compiti a lui non congeniali. Corre, contrasta e costruisce da vero centrocampista non disdegnando gli inserimenti in area avversaria e persino concludendo da provetto goleador.
La promozione diretta è al momento ancora difficile da pronosticare ma un posto tra le prime quattro con questi presupposti appare ampiamente alla portata. Ci è piaciuto, insomma, il Palermo di ieri e adesso viene il bello. Con questo spirito, con questo atteggiamento e con, finalmente, un equilibrio di squadra sognare torna a essere un esercizio gradito ai tifosi. Certo c’è ancora da scalare una montagna ma pensare di raccontare imprese alpinistiche non è una utopia.