domenica, 13 Luglio 2025
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È così da novembre, nonostante la potatura e un trattamento specifico

L’ulivo di Paolo Borsellino è malato: a rischio il simbolo della memoria in via D’Amelio

L’ulivo piantato in via D’Amelio, nella voragine lasciata dall’esplosione che il 19 luglio 1992 uccise il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta, è malato. Colpito dal mese di novembre del 2024 da un fungo, l’albero – diventato un potente simbolo di pace e rigenerazione – appare oggi indebolito, con le foglie macchiate e una scarsa produzione di olive. Frutti che crescono, tra l’altro, macchiati.

L’infezione fungina, che aggredisce le parti verdi della pianta, è stata individuata mesi fa. Su indicazione della Sovrintendenza ai Beni culturali, che ha dichiarato l’ulivo bene culturale, l’albero è stato potato e trattato con fungicidi specifici da parte degli operai del Comune. Ma nonostante le cure, il fungo continua a resistere. La pianta mostra segni evidenti di sofferenza, sollevando timori.

Consapevole della gravità della situazione, la famiglia Borsellino ha chiesto e ottenuto che durante la potatura venissero prelevate alcune talee, con l’intento di poter effettuare un innesto con una copia genetica dell’ulivo in caso di bisogno. Un gesto di responsabilità e amore verso un albero che non è solo una pianta, ma un monumento vivo alla memoria civile.

L’ulivo di via D’Amelio non è infatti un albero qualsiasi. È stato piantato proprio lì, dove la bomba mafiosa squarciò l’asfalto e spezzò vite, come segno di speranza e rinascita. A donarlo furono Maria Pia Lepanto, madre del giudice, e la sorella Rita, che lo importarono da Betlemme, culla della cristianità e simbolo universale di pace. Da oltre trent’anni quella pianta rappresenta la continuità di un impegno civile che non può e non deve essere dimenticato.

Attorno a quell’ulivo, ogni anno, cittadini, studenti, magistrati e familiari delle vittime si raccolgono per ricordare, per rinnovare la promessa di giustizia, per dire che la memoria è un seme che deve essere coltivato giorno dopo giorno.

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