Alle 04:45 di domenica, nel cuore della notte, la centrale operativa del 118 chiama la Postazione 16 di Santa Flavia. “È affondata una barca, ci sono diverse persone che hanno bisogno di soccorso urgente. Recatevi in piano Stenditore a Porticello”.
“Siamo arrivati sul posto in pochi minuti – racconta il medico di emergenza Vincenzo Belmonte a QdP – visto che la nostra postazione è a meno di 2 km dal luogo. Inizialmente, dalle poche informazioni ricevute dalla centrale operativa, non avevamo ben chiaro cosa fosse successo e cosa avremmo trovato giunti sul posto. Dopo qualche minuto – continua il medico – arriva sul molo la motovedetta della Capitaneria di porto con a bordo una famiglia: tre persone, tra cui la piccola Sophia di appena un anno. Ci avviciniamo a loro per prestare le prime cure: visibilmente scossi, si lasciano accudire. Mi ha colpito molto la compostezza mista al panico che si leggeva sui loro volti, persino la piccola non piangeva, forse attonita dalla paura e incapace di comprendere cosa fosse successo, si stringeva forte al petto della madre”.
Sophia, poco meno di un anno, è il miracolo di quella notte tragica. Il padre della piccola, lottando come un leone, era riuscito a far uscire la sua famiglia da quello scafo. Poi la caduta in acqua e la madre Charlotte che in mezzo alla tempesta e alle onde non trovava più la figlia. Momenti di grande panico, pochi secondi ma interminabili. Fortunatamente Sophia non era andata a fondo e la sua mamma, risalendo a galla, se l’è ritrovata davanti e l’ha salvata dall’annegamento. Lei, la piccola e il marito sono i primi, dopo il salvataggio di un’altra barca venuta in soccorso, ad arrivare sulla terraferma.
“Con il mio team, l’infermiere Agostino D’Alessandro e l’autista Giovanni Gottuso, abbiamo capito che la situazione era più grave di quella che avevamo immaginato. Il padre della bimba – spiega il medico – aveva una grande ferita al fianco e diverse altre sul resto del corpo. Non c’era tempo da perdere. Eravamo i soli sul molo e presto sarebbe arrivata altra gente. Allora ho chiamato un’altra ambulanza di soccorso per gestire meglio i pazienti già a terra e poi smistare i vari sopravvissuti. Ci guardavamo intorno, non riuscivamo a credere che una imbarcazione di tali dimensioni fosse calata a picco in così breve tempo. Abbiamo iniziato a smistare i pazienti meno gravi facendo diversi viaggi tra il PTE e la guardia medica del luogo – prosegue Vincenzo Belmonte – mentre i più gravi sono stati prontamente trasferiti presso i pronto soccorso cittadini”.
Poi il racconto del medico si riempie di commozione: “In uno di questi trasferimenti una signora tra i sopravvissuti ha appreso che il marito e la figlia non erano tra le persone tratte in salvo. Questo è stato per me il momento più toccante. Assistere alla sua disperazione è stato come prendere maggiore consapevolezza dell’entità della tragedia e accettare che ci fossero persone che non ce l’avevano fatta”.
Alla fine i superstiti della Bayesian sono 15. Al momento sono cinque i morti ritrovati a bordo dell’imbarcazione. Ma a quanto pare, anche gli altri due dispersi, sarebbero stati individuati all’interno dello scavo dagli speleosub dei vigili del fuoco. Una tragedia di cui si parlerà per tanto tempo, per i morti, per le personalità che c’erano a bordo, per la dinamica strana dell’affondamento, ma anche per la straordinaria solidarietà e per il cuore della comunità di Santa Flavia, che si è messa a disposizione con grande cuore per facilitare le ricerche. Pescatori, volontari, istituzioni, vigili del fuoco, protezione civile, semplici cittadini, medici, infermieri, vigili urbani, etc etc: un’enorme macchina, organizzata e instancabile, che merita un encomio speciale.