Questa partita l’hai persa, caro Totò. Non è facile, a caldo, concentrare le emozioni che suscita la tua dipartita in poche righe. Sì, le emozioni. Perchè con te va via l’ideale del sogno nel quale il ragazzo di bassa periferia si trasforma in eroe idolatrato in tutto il mondo. Un sogno nel quale stravincono gavetta e la meritocrazia, concetti da sempre sconosciuti ai più.
Sei stato un eroe per la generazione che ha vissuto coscientemente quel mondiale giocato in Italia nel 1990. Totò Schillaci, in quelle magiche e calde notti a cavallo tra giugno e luglio di quell’anno, sei diventato la bandiera di Palermo e della Sicilia intera che finalmente – anche se per poco edi in maniera effimera – usciva fuori dai soliti stereotipi di violenza e mafia.
Totò, nemo propheta in patria che con dispiacere non hai mai vestito la maglia rosanero e che hai incarnato appieno il proverbio palermitano che recita “cu nesci, arrinesci”. “Niscisti”, Totò: prima a Messina – dove sotto la sapiente guida del Professore Scoglio e del Maestro Zeman sei diventato calciatore e poi nei “salotti buoni” del calcio italiano.
Ecco la Juventus di SuperDino Zoff, la Nazionale ed il rimpianto per un titolo mondiale a portata di mano, l’Inter ed il Giappone. Sì, il primo calciatore italiano ad arrivare nel Sol Levante. Come a voler ribadire quella tendenza del popolo siciliano all’emigrazione. Stavolta di lusso, sì, ma pur sempre lontano dal firmamento del calcio “vero”.
È il giorno della tristezza ma, paradossalmente, da adesso sarai immortale. Nei ricordi delle persone che ti hanno voluto bene e nella storia di quel calcio di cui hai fatto parte. Ed io voglio ricordarti con le parole del Maestro Bruno Pizzul di quel 9 giugno del 1990 che al 78° raccontava così Italia – Austria: “Vialli, parte il suo cross… È c’è il gol! C’è il gol proprio di Schillaci, gol di Totò Schillaci sul cross di Luca Vialli.”
Ciao Totò.