È ancora avvolto nel mistero il movente della sparatoria avvenuta nel quartiere Zen di Palermo, dove sette colpi di pistola sono stati esplosi contro l’abitazione di una donna in via Rocky Marciano. Fortunatamente, nessuno è rimasto ferito, ma l’episodio ha subito acceso i riflettori su un possibile regolamento di conti legato a vecchie ruggini criminali.
Le indagini in corso
Sul posto sono intervenute le volanti della Polizia di Stato, insieme alla squadra mobile e alla polizia scientifica, per effettuare i rilievi e raccogliere elementi utili alle indagini. Dalle prime ricostruzioni, due dei sette colpi esplosi hanno colpito l’appartamento della donna, che sarebbe legata da vincoli di parentela a Francesco Lupo, in carcere per il tentato omicidio di A. F., operaio della Reset, avvenuto il 22 dicembre scorso davanti al cimitero dei Rotoli di Palermo.
Un intreccio di violenza e vendette
Secondo le prime ipotesi investigative, l’agguato potrebbe essere collegato a questo episodio di sangue scaturito, a sua volta, da un altro attentato, quello di Antonino e Giacomo Lupo, padre e figlio di Francesco, avvenuto nel 2019 proprio allo Zen.
Se questa pista fosse confermata, si tratterebbe di un nuovo capitolo di una guerra sotterranea tra gruppi criminali che, nonostante gli arresti e i colpi inflitti dalle forze dell’ordine, continuano a riaffermare la loro presenza nel tessuto sociale del quartiere Zen.
Il clima di tensione nel quartiere
Intanto, la polizia prosegue le indagini per risalire ai responsabili e fare chiarezza sul possibile movente dell’agguato. Al vaglio degli investigatori ci sono i filmati delle telecamere di sorveglianza e le testimonianze dei residenti.