Si è svolta stamani presso il tribunale di Palermo la requisitoria della Procura Generale, rappresentata da Maria Teresa Maligno, per il processo penale che vede imputato Pietro Morreale, già condannato alla pena dell’ergastolo in primo grado. Il giovane di Caccamo è accusato dell’omicidio dell’ex fidanzata 17enne Roberta Siracusa, avvenuto il 23 gennaio del 2021.
Nel corso della sua requisitoria il Pg ha chiesto la conferma dell’ergastolo ripercorrendo, non solo le fasi del delitto, ma anche il rapporto burrascoso tra i due giovani, contrassegnato dalle violenze fisiche (sono stati accertati ben 33 episodi) e psicologiche, che avevano sconvolto la vita della povera Roberta, ma anche il comportamento post delictum assunto da Pietro Morreale, che con animo freddo e calcolatore, aveva cercato addirittura di precostituirsi un alibi, inviando dei messaggi all’ex fidanzata, pur sapendola già deceduta. Un quadro probatorio che stride con la tesi difensiva dei legali di Morreale, che sono ricorsi in appello sostenendo che non si è trattato di un omicidio, bensì di un tragico incidente, prospettando alternativamente anche la tesi del suicidio.
Dopo il procuratore generale hanno preso la parola i legali di parte civile della famiglia Siracusa, gli avvocati Giovanni Castronovo, Giuseppe Canzone, Sergio Burgio e Simona La Verde (nella foto di copertina), i quali, oltre a spiegare le ragioni scientifiche e fattuali per le quali la sentenza di primo grado va confermata, hanno ribadito con forza che non vi è nessun intento di vendetta da parte della famiglia Siracusa, ma solo il diritto di avere una risposta certa al fine di sapere quali siano state le cause della morte della giovane caccamese e soprattutto chi ebbe ad ucciderla. Ed alla luce delle emergenze dibattimentali si è raggiunta la piena prova della responsabilità dell’imputato, ragion per cui la sentenza emessa dalla Corte di Assise di Palermo merita di essere confermata sussistendo tanto l’aggravante della premeditazione che quella legata alla sussistenza del rapporto sentimentale che legava la vittima al suo carnefice.
La Corte di Assise di Appello presieduta da Angelo Pellino (a latere Pietro Pellegrino) ha rinviato il processo al 16 novembre per l’arringa difensiva dell’avvocato Gaetano Giunta e la decisione finale.