I Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo hanno eseguito all’alba di oggi un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Palermo su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia locale. L’ordinanza riguarda 3 persone, di cui una è stata posta in carcere e altre 2 sono state sottoposte agli arresti domiciliari.
In carcere è stato portato Mimmo Russo, ex consigliere comunale ed esponente di Fratelli d’Italia. Insieme all’esponente di Fdi sono indagati Gregorio Marchese, definito dal gip la “costola” del politico e figlio dello storico killer della famiglia mafiosa di Corso dei Mille, Filippo Marchese, e il consulente d’azienda Achille Andò.
Sono accusate di vari reati, tra cui concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione aggravata dal metodo mafioso, corruzione, e traffico di influenze illecite, aggravato dall’aver favorito l’associazione mafiosa.
Le indagini condotte dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Palermo nel periodo 2020-2023, su delega della D.D.A. di Palermo, hanno evidenziato un quadro indiziario significativo riguardo al coinvolgimento di un sindacalista, ex-amministratore locale del comune metropolitano fino al giugno 2022, con esponenti della mafia palermitana. Si è scoperto l’esistenza di un comitato di interessi, che comprendeva anche un faccendiere appartenente alla massoneria, coinvolto nella costruzione di un centro commerciale nel capoluogo siciliano.
Nel contesto di queste attività, il politico avrebbe favorito l’approvazione di una variante al Piano Regolatore cittadino per cambiare la destinazione dei terreni da “verde agricolo” a “area commerciale”, al fine di facilitare la costruzione del centro commerciale. In cambio, avrebbe promesso un cospicuo numero di assunzioni nel centro commerciale a individui legati alla mafia, in cambio del sostegno elettorale dell’organizzazione criminale.Le indagini hanno anche rivelato le ingerenze del politico nella gestione dell’ippodromo di Palermo, influenzandone le decisioni per piegarle alla volontà dei suoi referenti mafiosi e partecipando a estorsioni ai danni di liberi professionisti che avevano lavorato per la società gestrice dell’ippodromo.