Confusione, mi dispiace se sei figlia della solita illusione. È il refrain di una vecchia canzone di Lucio Battisti che fotografa perfettamente il momento del Palermo. In campo null’altro si è visto se non la solita improvvisazione confusa in tema di idee di gioco.
Si pensava, si sperava, che con il nuovo allenatore potesse cambiare il mood di un campionato e che si potesse invertire il percorso coriniano. Invece, ad oggi, quella strada irta e scoscesa è il territorio preferito di una banda di calciatori che puntualmente delude i propri tifosi. Eppure proprio questo gli era stato richiesto, agire nell’immediato se non sulla tattica e sul modulo almeno sulla testa dei giocatori. Nulla, anzi, dichiarare che non si sa se gli undici scelti sono i migliori undici a disposizione la dice lunga sul lavoro sin qui svolto e presagisce incertezze su quello da fare.
I fischi del Barbera sono stati ancora una volta, la settima, la colonna sonora che li accompagna verso gli spogliatoi. Si dirà che troppo poco tempo ha avuto a disposizione Mignani per potere, se non rivoluzionare, almeno invertire quella tendenza al masochismo sportivo tipica della squadra rosanero. Anche ieri, come in troppe altre occasioni, abbiamo assistito ad un secondo tempo da incubo. In balia di una delle compagini meno forti della categoria a subire il gioco in attesa di un miracolo, di una invenzione che potesse fare approdare in porto una barca che, è evidente, fa acqua da tutte le parti. Un attacco reso sterile e poco servito da un improbabile centrocampo a due con altrettanti cursori sulle fasce che corrono verso non si sa dove. Una difesa che si perde spesso l’uomo perché i suoi componenti pensano a guardare la palla anziché gli avversari con un guardiapali che la porta la difende benissimo quando gli tirano da vicino ma che non ne becca una se il pallone viene scagliato da fuori area.
Insomma una squadra che tutto è in questa stagione tranne che quella compagine che avrebbe dovuto giocarsi la promozione con altre formazioni con organici di pari tasso qualitativo. Altro che emozioni, con queste premesse i playoff si preannunciano come un triste epilogo ad una, anzi due, stagioni da archiviare come figlie di una programmazione miope fatta di scelte di tecnici e giocatori poco adatti alle ambizioni di una piazza passionale e generosa come poche. Avrebbe dovuto imperare il pragmatismo e la progettazione ma ad oggi, a tre gare dall’inizio della lotteria degli spareggi a regnare sovrana è proprio la confusione.