Il Pride 2025, svoltosi ieri a Palermo, ha acceso un acceso dibattito politico a Palermo. A scatenare la polemica, la partecipazione al corteo del sindaco Roberto Lagalla e dell’assessore Fabrizio Ferrandelli, entrambi presenti durante la manifestazione che ha preso il via da Villa Giulia per concludersi al Politeama.
La presenza istituzionale, un segnale di apertura e sostegno ai diritti LGBTQIA+, non è passata inosservata agli occhi degli alleati di governo di Fratelli d’Italia, che hanno immediatamente preso le distanze e duramente criticato l’iniziativa.
Ad alzare il tono dello scontro è stata la deputata palermitana Carolina Varchi, ex vicesindaco e figura di primo piano del partito di Giorgia Meloni. Sui social ha postato una foto dei due amministratori comunali durante il Pride, commentando: «Capiamo che il caldo gioca brutti scherzi, ma non dimenticate che governate anche grazie ai voti di Fratelli d’Italia. Il Pride è una manifestazione di sinistra».
Il malumore è stato poi ufficializzato in una nota congiunta firmata dal coordinatore cittadino e provinciale Antonio Rini, da Raoul Russo, dal vicesindaco Giampiero Cannella e dal capogruppo Giuseppe Milazzo. «Fratelli d’Italia ribadisce il massimo rispetto per ogni individuo e per la libertà di espressione – si legge nel comunicato – ma riteniamo doveroso stigmatizzare i contenuti e le iniziative offensive verso il nostro movimento. Il Pride, che predica inclusione, ha ospitato messaggi lesivi verso chi ha posizioni diverse».
Il partito ha quindi chiesto al sindaco Lagalla di «prendere pubblicamente le distanze dagli attacchi e dalle offese rivolte a Fratelli d’Italia durante la manifestazione» e si è detto contrario a future concessioni di patrocini e contributi pubblici a manifestazioni considerate «faziose e ideologicamente orientate».
«Le priorità della città – aggiungono gli esponenti meloniani – sono altre: sicurezza, degrado urbano, sostegno alle famiglie e ai valori educativi. Non possiamo accettare che risorse e attenzione istituzionale vengano dirottate verso eventi che rischiano di spettacolarizzare la sessualità e sminuire la nostra identità culturale e nazionale».