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domenica, 14 Luglio 2024

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Palermo, pacca sul sedere in teatro: licenziato capo del personale

CronacaPalermo, pacca sul sedere in teatro: licenziato capo del personale

La cassazione ha confermato la sentenza d'appello, rigettando il ricorso dell'uomo

“Volevo toccarle la schiena e non il sedere”. Ha tentato di difendersi così l’ex capo del personale di un teatro palermitano, che nel 2017 fu denunciato per avances spinte confronti di due giovani impiegate. Ad una le mise una mano sul sedere, all’altra, mentre faceva le fotocopie, le disse di girarsi per mostrare il suo fondoschiena. “Era spirito cameratesco” ha detto al giudice, che però non lo ha né creduto né tantomeno giustificato.

La Cassazione Civile, sezione Lavoro, ha respinto il suo ricorso contro il licenziamento per giusta causa deciso dal datore di lavoro, affermando che aveva tenuto un “comportamento offensivo” nei confronti delle due lavoratrici. La Suprema Corte ha sostenuto pienamente la decisione della Corte d’Appello, ritenendo che le azioni contestate fossero “eclatantemente offensive” poiché toccare la schiena o fare commenti sul sedere non erano rispettosi della dignità e professionalità delle due lavoratrici, che non erano abituate a tali atteggiamenti e si erano sentite imbarazzate e umiliate mentre svolgevano i loro compiti. Gli eventi risalgono al 2017, e dopo che il Tribunale di Palermo aveva inizialmente dichiarato il licenziamento illegittimo, la Corte d’Appello aveva successivamente ribaltato questa decisione, giudicandola motivata.

La ricostruzione degli eventi è contenuta nella lettera di licenziamento, che riporta come l’uomo abbia dato “una pacca sul sedere” a una dipendente e abbia commentato che un’altra dipendente, mentre faceva fotocopie con il sedere rivolto, avesse un “bel sedere” a causa della sua età, invitandola a girarsi per mostrarlo a un collega per ricevere ulteriori apprezzamenti.

La Cassazione ha rigettato tutti e tre i motivi di appello dell’uomo e ha condiviso le conclusioni della Corte d’Appello, affermando che tali comportamenti erano lesivi del vincolo fiduciario e dovevano essere valutati per il loro impatto sociale negativo. Inoltre, ha evidenziato che tra le parti coinvolte in questa vicenda vi era un rapporto formale, non permettendo l’instaurazione di un clima “cameratesco”, in quanto il capo del personale era anche responsabile della prevenzione della corruzione, e le due dipendenti lo trattavano con rispetto dovuto a una figura gerarchica superiore.

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