La vittoria del Palermo contro il Sudtirol non ha solo riempito di gioia i quasi venticinquemila spettatori assiepati al Barbera, ma ha regalato a tutti i tifosi rosanero la consapevolezza che, oltre che da un mercato faraonico, la squadra sia stata rinforzata da un elemento imprescindibile chiamato mentalità.
Cattiveria, furore agonistico, voglia di portare gli eventi dalla propria parte, soffiare forte e tutti insieme così da cambiare in corsa il vento: questo è quello che questa squadra ha finalmente iniziato a fare. Con gli undici che scendono in campo, con i cinque subentranti e – udite udite – anche con mister Corini. Tutte cose finora (quasi) mai viste, elementi imprescindibili per affrontare un campionato come quello di serie B dove, oltre al fioretto, è cosa buona e giusta munirsi – ove necessiti – di mazza chiodata.
Il tecnico bresciano, soprattutto nella complicatissima gara casalinga vinta meritatamente (checchè ne possa dire l’allenatore dei biancorossi, Pierpaolo Bisoli), è stato una furia in panchina per novanta minuti più recupero. Si è preso un giallo dall’arbitro Marcenaro, ha fatto fare una fatica inenarrabile ai suoi assistenti per tenerlo nella propria area tecnica ed ha incitato i suoi ragazzi con una veemenza inconsueta. Piccola parentesi a proposito della direzione di gara che oseremmo definire un tantino discutibile. Non per chissà quali episodi eclatanti sfuggiti ma per quelle “piccole” cose (come la distribuzione dei cartellini e nella non applicazione di una regola del vantaggio elementare in occasione di un contropiede rosanero), che alla fine possono determinare l’esito di un risultato.
Ma torniamo a mister Corini. Quei pugni battuti l’uno sull’altro a più riprese ed inquadrati dalla TV danno il termometro di come l’allenatore rosanero abbia abbandonato lo stile compassato, asettico ed anaffettivo visto fin qui. La sensazione è che il tecnico bresciano sia tornato ad indossare simbolicamente quella maglietta rosa con il numero “5” che lo ha reso mito assoluto per il popolo rosanero. Che abbia ripreso le redini di un discorso lasciato a metà e sia tornato quel capopopolo di cui la città si era innamorata quando alzava le braccia per cercare l’incitamento prima di battere un corner.
Ecco, questo nuovo-vecchio Corini i tifosi non vogliono lasciarlo più. Arrivino anche pareggi o sconfitte (speriamo di no), ma è evidente che la prestazione dei suoi calciatori non sia frutto di algoritmi e formule trigonometriche ma che, oltre che ovviamente di gesti tecnici, sia composta da quella spinta emozionale capace di fornire quel qualcosa in più anche e soprattutto nei momenti difficili. Le avversarie si considerino avvisate: state attente, perché se veramente il “Genio” è uscito dalla lampada è facile individuare i tre desideri da chiedergli: serie A, serie A subito e serie A da protagonisti.