Il Palermo perde a Brescia, ma non è tanto il risultato finale a lasciare perplessi. Due sono gli interrogativi che restano irrisolti. Perché quando restano in dieci gli avversari il Palermo non riesce mai a chiudere le partite e quando in dieci resta il Palermo le altre squadre sembrano il Manchester City? Oggi sotto i colpi di Haaland Borrelli e Alvarez Bianchi – ovviamente sotto la sapiente regia di De Bruyne Bisoli – i rosa hanno perso il microobiettivo. L’altro interrogativo, forse il più importante, è questo: ma invece di chiamarlo “percorso” non potremmo più correttamente chiamarlo Via Crucis?
PRIMO TEMPO: PALERMO IN 10 E SOTTO DI DUE GOL
Il primo tempo è quanto di più bello uno spettatore possa sognare: 6 gol, due rigori (uno annullato dal VAR), un’espulsione ed emozioni a tignitè. Uno spettatore. Non un tifoso del Palermo. Neanche il tempo di finire di sentire il fischio di Rutella che già i rosa sono sotto di un gol grazie ad un colpo di tacco di Borrelli che dà subito l’idea del futbol bailado in salsa bresciana che i rosa dovranno subire per tutto un tempo. Eppure il Palermo la gare l’aveva pure rimessa in piedi, prima con un rigore di Brunori e poi con un gol di Di Francesco. Ma lo sportivissimo Lund aveva deciso che questo non fosse il risultato giusto e con fissarìa degna di “Paperissima” costringeva il compagno Marconi a riabbracciare uno dei suoi migliori amici: il cartellino rosso. Dal canto suo, il Brescia prima trova il gol della domenica, del lunedì e anche un po’ del martedì con Paghera e poi affossa definitivamente la squadra – eufemismo – di Eugenio Corini ancora con Borrelli che di testa batte Pigliacelli, nonostante una marcatura di Ceccaroni inflessibile come una forma di burro dopo tre minuti di microonde. Ma non finisce qua. Il Palermo vorrebbe essere come quei tascioni che al Foro Italico – ai tempi delle giostre – facevano il Tagadà mettendosi in piedi, invece cadono fragorosamente beccando il quarto gol (autorete di Di Francesco su tiro di Bisoli). L’ennese Rutella, evidentemente esperto di lingua sicula, ascolta la quantità di male parole provenire dal capoluogo della Trinacria e decide che per il primo tempo va già bene così. Per il Brescia, ovviamente.
SECONDO TEMPO? MEGLIO MASHA E ORSO
Inizia il secondo tempo, ma si potrebbe commentare con molta più effervescenza un quarto di finale di un torneo di velocità fra tartarughe. O un duello all’ultimo centrotavola fatto all’uncinetto da due casalinghe di Chiusa Sclafani. O un episodio di Masha e Orso. Insomma, tutto tranne commentare uno strazio di secondo tempo nel quale il Brescia – come dargli torto – amministra con la diligenza del buon padre di famiglia. Il Palermo, invece, viene ancora stravolto nei dieci in campo con sostituzioni che probabilmente sono troppo avanti perché noi comuni possiamo comprendere. Tipo lasciare Brunori negli spogliatoi, mettere Ranocchia per fargli fare il medianaccio col rischio di beccare l’ennesimo giallo, togliere il migliore in campo, Di Francesco, o lasciare in panchina “Baracus” Diakitè. Ovviamente la reazione rosanero è tutta nella testa dell’allenatore rosanero, perché il campo ha detto ben altro e i momenti salienti della seconda frazione sono senza dubbio i cambi. Anche stavolta ci salva il buon Rutella da Enna il cui fischio finale è come una visione celestiale per gli ormai straziati tifosi rosanero.
LE PAGELLE
Pigliacelli 5. Altri quattro inchini nella sua porta a raccogliere palloni che peggiorano la sua annosa sciatalgia. Ormai assuefatto ad ibuprofene e paracetamolo, l’unica soluzione può essere Santa Rosalia. Ammesso che sappia anche parare.
Graves 4. Torna a fare un ruolo che non è il suo e dal suo lato il Brescia sembra il Brasile del 1970 nella finale di Città del Messico. In confronto Mateju, in tante altre occasioni, era stato Cafu.
Nedelcearu 5. Nei primi secondi di gara lascia a Bianchi il tempo di avanzare, fumare tre sigari cubani, bere due capirinha, telefonare agli amici per organizzare il sabato sera e crossare. Prova anche a battere Pigliacelli con un bel destro all’angolino, ma il portiere rosanero riesce a parare. Conferisce al pacchetto arretrato la stessa sicurezza di Peppa Pig nominata Ministro della Difesa.
Marconi 3. Trenta secondi e Borrelli lo mortifica segnando di tacco. Gli avanti del Brescia gli passano davanti come ad una sfilata di Dolce&Gabbana e, al contrario di quanto cantava Tiziano Ferro, il suo non è un rosso relativo. Non bastassero i suoi limiti, ci si mettono pure i compagni a far fare all’aquila la figura del pollo davanti alle rondinelle. Che al mercato mio padre comprò.
Lund 5. Ha sulla coscienza l’espulsione di Marconi. Brutta prestazione difensiva per Pendo-Lund. In compenso è pessima quella dal centrocampo in avanti.
Coulibaly 4. Nel primo tempo ha la stessa verve dei vecchietti che guardano i cantieri. E – probabilmente – questi ultimi avrebbero fatto una figura migliore a Brescia.
Dal 46° Ranocchia 5. Col Palermo sotto di due gol e due uomini entra a fare non si capisce bene cosa. Non prende nessun giallo ed è una delle note positive di quest’oggi.
Gomes 5. Nel primo tempo naufraga insieme a tutti i suoi compagni. Nel secondo prova timidamente ad organizzare qualcosa, ma, l’unica cosa organizzabile oggi da questa squadra, è un funerale. Calcistico, ovviamente.
Henderson 6. Gioca decentemente i primi venticinque minuti partecipando attivamente alle due reti del Palermo. Paga ingiustamente con il cambio l’espulsione di Marconi.
Dal 25° Ceccaroni 5. Obiettivo dimenticare la Ternana. Entra e Borrelli gli si mette nell’orecchio a sibilare “Ternana, Ternana, Ternana, Ternana”. E infatti si fa uccellare dall’attaccante bresciano nell’occasione del 3 a 2. Ipnotizzato.
Di Mariano 5,5. Fa bene le cose che gli competono, ossia andare avanti e creare scompiglio nella metà campo bresciana. Conquista pure un rigore con un dribbling degno della sua fama. In difesa, però, mostra lacune da scuola calcio. Vero è pure che chiedergli di fare il terzino destro senza affanni, però, è come chiedere ad un cavallo di abbaiare.
Dal 78° Vasic s.v.
Di Francesco 6,5. È senza dubbio il migliore dei suoi. Ed in una giornata del genere è obbligatorio non avere calciatori che giochino bene in squadra. Infatti viene a cambiato a metà ripresa.
Dal 64° Traorè 6. Riceve 3-4 palloni giocati con i quali prova a fare quello che può.
Brunori 6. Solito embargo offensivo, sigla il secondo penalty di fila. Rigorista ritrovato.
Dal 46° Mancuso 6. Si sbatte solo contro tutti, ha anche una buona occasione ma – onestamente – dare la croce a lui sarebbe ingiusto.
Corini 3. Passa nel giro di quattro giorni da un immobilismo incomprensibile contro la Ternana ad uno sconvolgimento senza senso dell’undici titolare contro il Brescia. L’espulsione di Marconi è un dolce alibi su cui poter poggiare tutta una valanga di scuse e, forse, sarebbe meglio andare a studiare la lezione tenuta da Giovanni Stroppa dal titolo “come giocare con punta e trequartista senza fare cambi in 10 contro 11 e fare sentire l’avversario in inferiorità numerica”. Non tutto però è da buttare: siamo entrati nel mese di marzo, significa che manca sempre meno al fatidico 30 giugno.