Settimana di celebrazioni in casa Palermo. Tra eventi mondani, leggende del tempo che fu ed altre iniziative, non passi inosservato, però, un altro anniversario: il compleanno di Matteo Brunori.
Oggi il capitano compie trentun anni. Non è più un giovanotto, calcisticamente parlando, e – per il secondo anno di fila – la sua leadership in campo è messa in discussione. Sia chiaro: non si sta qui ponendo in parallelo la precedente gestione tecnica con quella dell’attuale allenatore del Palermo, Inzaghi. Ma i numeri, seppur privi di sentimento, hanno il loro significato.
Per Brunori, dopo dieci giornate di campionato, quasi quattrocento minuti in campo sui novecento disponibili. Neanche il cinquanta per cento. Cinque partenze da titolare, tre presenze da subentrato e due partite nelle quali è rimasto a guardare dalla panchina. Deprimente lo score realizzativo: zero gol, finora.
Probabilmente il problema non è semplicemente il tempo di impiego. Forse è la posizione in campo a penalizzare il numero nove rosanero. Brunori, nei frangenti in cui è stato schierato, si è mosso sempre a distanza siderale dalla punta Pohjanpalo. Lontanissimo dall’area avversaria. Ha lottato, ha rincorso gli avversari, ci ha messo grinta e forza. Ma non è il suo “lavoro”. Il capitano è un nove con i piedi ed il cervello da dieci. Un attaccante mobile che sa svariare su tutto il fronte offensivo.
Per Brunori (che deve sbloccarsi) e per il Palermo (che deve tornare alla vittoria dopo due k.o. di fila) la partita contro il Pescara deve essere un momento di svolta. L’augurio migliore è che il capitàno possa spegnere la sua personalissima candelina lì dove meritano di finire i palloni che passano dai suoi piedi, in fondo ad una rete. Così da sentire il Barbera tornare ad urlare il suo nome dopo l’annuncio dello speaker Davide Di Sparti: “ha segnato il nostro capitano, con il numero nove: Matteoooooo BRU – NO – RI!




