Un’operazione senza precedenti, condotta dalla Procura Europea (EPPO) in collaborazione con le forze di polizia italiane, ha portato alla scoperta di una massiccia frode fiscale transnazionale che ha sfruttato complesse tecniche di evasione dell’IVA, note come “frodi carosello”, nel commercio di prodotti informatici ed elettronici. Le indagini hanno condotto all’esecuzione di 47 misure restrittive: 34 arresti in carcere, 9 ai domiciliari e 4 misure interdittive, nei confronti di persone accusate di associazione a delinquere finalizzata all’evasione dell’IVA intracomunitaria e al riciclaggio dei profitti illeciti.
Le frodi carosello si basano su un meccanismo ben strutturato, che sfrutta il regime di non imponibilità IVA previsto per gli scambi tra Paesi dell’Unione Europea. Al centro di queste operazioni vi è una “cartiera” o “missing trader”, una società fittizia creata per acquisire merce da fornitori comunitari senza applicazione dell’IVA e rivenderla con l’aliquota italiana a imprese nazionali coinvolte nel circuito. Invece di versare l’imposta incassata all’Erario, la “cartiera” cede la merce sottocosto e ripartisce i guadagni tra i complici. Queste società fantasma, gestite da prestanome e senza strutture operative o dipendenti, emettono solo fatture false e vengono dismesse entro pochi anni, sostituite da altre entità simili.
Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati beni per un valore complessivo di oltre 520 milioni di euro, in linea con l’ammontare dell’evasione, e immobili per oltre 10 milioni di euro, tra cui complessi residenziali a Cefalù e altre proprietà in varie località italiane. Complessivamente, sono state effettuate oltre 160 perquisizioni in 30 province italiane, con l’impiego di unità specializzate alla ricerca di ulteriori prove e fondi occultati.
L’indagine è nata dall’incrocio di due filoni di inchiesta, frutto della collaborazione tra la Polizia Economico-Finanziaria (PEF) di Milano e Varese, il Nucleo PEF di Palermo, la Polizia di Stato e le Procure Europee di Milano e Palermo. Dalle indagini è emerso un complesso sistema fraudolento che coinvolgeva 269 missing traders, 55 società buffer e 28 broker italiani, supportati da 52 “conduits” estere con sede in Olanda, Lussemburgo, Spagna, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria e Romania. Il volume delle false fatture emesse tra il 2020 e il 2023 è stato stimato in circa 1,3 miliardi di euro.
L’inchiesta ha inoltre evidenziato il coinvolgimento della criminalità organizzata, in particolare mafia e camorra, che hanno sfruttato i guadagni derivanti dalle frodi per finanziare altre attività illecite e riciclare il denaro attraverso operazioni immobiliari e altri settori. Tra i coinvolti, figura Tony Lo Manto, vicino ai clan di Brancaccio, il quale ha fornito sostegno finanziario e reinvestito i proventi illeciti.
Il sistema fraudolento consentiva di immettere sul mercato italiano beni a prezzi estremamente competitivi. La merce, rivenduta più volte all’interno di una rete di imprese italiane e internazionali, permetteva di nascondere la reale identità dei beneficiari finali, rappresentati dai broker che, acquistando i prodotti con applicazione dell’IVA, vantavano poi un credito fiscale nei confronti dello Stato. Questo meccanismo permetteva di ottenere un duplice vantaggio: vendere sul mercato nazionale a prezzi competitivi o ri-esportare la merce alle stesse aziende comunitarie da cui il carosello era partito, riattivando così il ciclo fraudolento.