Il patto tra Renato Schifani e Raffaele Lombardo, che porterà il Movimento per l’Autonomia dentro Forza Italia, segna una svolta cruciale per gli equilibri del centrodestra siciliano. Non è solo un’operazione di tesseramento: è la mossa che potrebbe blindare il governatore, rafforzare il partito di Berlusconi nell’Isola e allo stesso tempo mettere in difficoltà chi, fino a pochi mesi fa, pensava di aver trovato in Grande Sicilia un contenitore politico autonomo e innovativo.
Il progetto lanciato a Enna da Raffaele Lombardo, Gianfranco Micciché e Roberto Lagalla rischia oggi di essere svuotato. L’ingresso degli autonomisti in Forza Italia ne cambia geneticamente la natura: da laboratorio regionale capace di aggregare sensibilità diverse a serbatoio di voti per gli equilibri interni azzurri. Non sorprende che Micciché, storico leader forzista, si sia subito sfilato. Sorprende invece la posizione di Lagalla, che pur riconoscendo l’importanza del legame con Forza Italia non intende tesserarsi, per non rimanere schiacciato da logiche che vanno ben oltre la dimensione cittadina.
Il sindaco di Palermo sa di giocarsi la ricandidatura proprio sulla capacità di mantenere una posizione di relativa autonomia. Ma il rischio per lui è evidente: con l’Mpa dentro Forza Italia, la leadership del centrodestra palermitano potrebbe spostarsi altrove, ridimensionando il suo ruolo. Le dichiarazioni rassicuranti («Grande Sicilia sarà col suo simbolo alle prossime elezioni») appaiono come un tentativo di tenere in vita un progetto che, nei fatti, si sta dissolvendo.
Il nodo vero si gioca sul tesseramento. Nel 2024 gli iscritti azzurri in Sicilia erano 13.500, un numero modesto in un’Isola che resta cruciale nei rapporti di forza nazionali. L’ingresso massiccio degli autonomisti non solo potrebbe gonfiare i numeri, ma soprattutto alterare i rapporti interni, rafforzando il blocco Schifani-Caruso a discapito di figure come l’europarlamentare Marco Falcone, che da tempo ambisce a ritagliarsi uno spazio di leadership.
L’operazione non è indolore nemmeno nei territori. In città come Gela, dove il sindaco Pd governa con una coalizione che include M5s e Mpa, l’alleanza con Forza Italia rischia di aprire fratture insanabili. È il paradosso di un movimento che a Roma e Palermo si colloca stabilmente nel centrodestra, ma che a livello locale continua a stringere intese con pezzi di centrosinistra. Una contraddizione che i progressisti non sembrano più disposti a tollerare e che potrebbe aprire una crisi politica in diversi Comuni.
In questo scenario, il Pd prova a trarre vantaggio presentando il patto tra Lombardo e Schifani come l’ennesima prova della fragilità del centrodestra, ridotto a “fare accordi di potere”. Ma è un’analisi che rischia di sottovalutare la portata dell’operazione: se il tesseramento Mpa in Forza Italia andrà in porto, gli azzurri torneranno a essere il partito egemone in Sicilia, ridisegnando i rapporti non solo nel centrodestra ma nell’intero sistema politico regionale.
Per Palermo la posta in gioco è ancora più alta. Se Grande Sicilia si ridurrà a un marchio svuotato, Lagalla rischia di arrivare alla sfida per il bis senza uno strumento politico realmente competitivo, costretto a inseguire equilibri che altri stanno già scrivendo.