lunedì, 1 Settembre 2025
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Gli attivisti bollati come “terroristi”, le navi sequestrate e il diritto internazionale in bilico

Israele contro la Global Sumud Flotilla: “Saranno trattati come terroristi”

La Global Sumud Flotilla, missione civile organizzata per rompere il blocco navale su Gaza, è diventata terreno di scontro politico e giuridico. Israele ha deciso di trattare gli attivisti non come volontari impegnati in un’azione umanitaria, ma come “terroristi”, predisponendo per loro condizioni di detenzione particolarmente dure e il sequestro delle imbarcazioni.

La scelta porta la firma del ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir, che ha voluto imprimere una linea di massima rigidità. Non più arresti gestiti secondo le consuetudini riservate ai detenuti politici, ma isolamento, divieti di comunicazione e trattamenti tipici delle carceri di sicurezza. Una strategia che mira non soltanto a neutralizzare l’azione immediata della flottiglia, ma anche a scoraggiare future iniziative di solidarietà internazionale.

A bordo delle imbarcazioni, partite da diversi porti del Mediterraneo, si trovano centinaia di attivisti, medici, giuristi, volontari e figure pubbliche di primo piano. Il loro obiettivo dichiarato è aprire un corridoio umanitario verso Gaza, portando aiuti di prima necessità e accendendo i riflettori sulla condizione della popolazione civile. La risposta israeliana, invece, sposta il terreno del confronto: dal dibattito umanitario alla questione della sicurezza nazionale.

Per i promotori della flottiglia, l’iniziativa si muove all’interno della legalità internazionale e rappresenta un atto di resistenza civile contro un blocco considerato ingiusto. Dal loro punto di vista, la criminalizzazione è un tentativo di delegittimare non solo l’azione in corso, ma l’intero principio di dissenso non violento.

Lo scontro che ne deriva va oltre la vicenda contingente. Si tratta di una partita simbolica sul significato stesso di cittadinanza globale e sul confine tra solidarietà e terrorismo. Israele rivendica il diritto di difendere la propria sicurezza, ma nel farlo apre un fronte che mette in discussione la tenuta del diritto internazionale e la possibilità, per la società civile, di agire come soggetto politico transnazionale.

La Global Sumud Flotilla si colloca dunque in una zona grigia: per alcuni è una missione umanitaria senza precedenti, per altri una minaccia travestita da solidarietà. In ogni caso, il  confronto acceso che sta generando mostra come, ancora una volta, Gaza non sia soltanto un luogo di conflitto, ma anche il centro di una battaglia globale sulla legittimità del dissenso e sulla fragilità delle regole comuni.

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