Palermo si è fermata per Paolo Taormina, il 21enne ucciso con un colpo di pistola alla nuca mentre cercava di sedare una lite davanti al pub di famiglia in via Spinuzza. La bara bianca, giunta in cattedrale in spalla ad amici e familiari, è stata accolta da un lungo applauso e dal pianto disperato di chi lo conosceva ma anche da tanti cittadini che sono accorsi in segno di vicinanza.
Un migliaio di persone ha gremito il sagrato e le navate per dare l’ultimo saluto al 21enne. Il Comune ha proclamato il lutto cittadino: le saracinesche dei negozi si sono abbassate per dieci minuti, i commercianti si sono fermati in silenzio e, sulla facciata della scuola Vittorio Emanuele, è apparso lo striscione: “Rompiamo il silenzio”.
Al funerale, celebrato dall’arcivescovo Corrado Lorefice, erano presenti anche il presidente della Regione Renato Schifani, il sindaco Roberto Lagalla, assessori, consiglieri e rappresentanti delle istituzioni civili e religiose.
Ma l’attenzione di tutti era al dolore straziante dei genitori di Paolo, Fabiola e Giuseppe, abbracciati ai figli Sofia e Mattia, e alla voce ferma ma commossa di monsignor Lorefice.
«Un dolore inconsolabile. Un urlo che arriva fino al Cielo», ha detto l’arcivescovo aprendo la sua omelia. «È assurdo che un figlio venga rubato ai genitori, alle sorelle, agli amici. Non abbiamo parole. Di fronte al dolore abissale e inspiegabile, le parole non sono nulla. Restano solo la prossimità e il silenzio».
Rivolgendosi ai familiari, Lorefice ha sussurrato: «Carissima mamma Fabiola e papà Giuseppe, carissima Sofia, carissimo Mattia, carissima Desirée: non so se posso dirvi altro. Piango con voi e rivolgo al Signore la domanda che urla nei vostri cuori: perché?».
Poi, lo sguardo alla Croce: «Come Paolo, anche Gesù è morto giovane. Amava la vita, l’amicizia, la strada. Dio è nell’innocente violato, nell’ucciso. Nessuna motivazione rende legittima l’uccisione di un uomo. È disumana follia credere che un morto in più o in meno non faccia differenza».
Nella parte più intensa dell’omelia, l’arcivescovo ha lanciato un appello alla città: «Basta violenza. Basta uccisioni. La morte, se non è ospitata da un grembo di perdono, genera altra morte. Solo l’amore dà senso alla vita. Non sono gli eserciti o le forze di polizia, pur preziose, a poter estirpare la violenza omicida. Può farlo solo Palermo tutta, riscoprendo le sue energie interiori, la sua umanità».
E infine, l’invito che risuona come un testamento spirituale: «Sii custode di tuo fratello. Non lasciamo che vinca il demone della violenza. Torniamo a educare, a costruire relazioni, a servire la vita. Ogni volto è il centro della città. Ogni vita è sacra».