Gli squilletti dei romantici anni ’90: uno ti penso, due chiamami

Quando non c'erano gli smartphone, i WhatsApp e i social, e le chiamate e gli sms costavano un occhio della testa, gli adolescenti dell'epoca inventarono un modo simpatico di comunicare

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Ma ve li ricordate gli squilletti? Se avevate un cellulare prima del 2009 è probabile di sì perché non c’era ancora WhatsApp e gli sms, i famosi short message service, costavano un botto. C’erano compagnie telefoniche che te ne omaggiavano qualche centinaio, ma una volta finiti (e finivano subito) era una tragedia. Negli anni dal 2000 al 2009, inviare un SMS costava tra gli 8 e i 19 centesimi. Per non parlare degli MMS, mediante i quali si potevano mandare anche media, prevalentemente foto: da 50 centesimi a salire.

Omnitel (vecchio nome di Vodafone) si inventò la Christmas card. Chi riusciva a trovarla (non era facile) si garantiva messaggi gratuiti per tutto il periodo natalizio. Un vero e proprio sballo. Ma non per tutti. Chi non aveva la Christmas Card difficilmente rispondeva, perché pagava.

La nascita degli squilletti

A dare un grande contributo alle tasche spesso vuote degli adolescenti romantici del tempo, furono gli squilletti. Una vera e propria genialata. Un alfabeto morse anni ’90 che aveva delle regole piuttosto variabili. Nel senso che ogni cerchia di amici le faceva a modo suo. Nella maggior parte dei casi funzionava così: uno squillo ti penso; due squilli chiamami.

Le coppiette avevano anche il terzo squillo: ti amo. E guai a non rispondere. Ci sono stati casi tra gli anni ’90 e gli anni 2000 di fidanzatini che sono arrivati a lasciarsi per penuria di squilletti.

Nell’era dei social, di WhatsApp, dei minuti e di internet illimitati, tutto ciò sembra banale. Ma chi ha vissuto quei tempi sa che quegli squilli, a volte un po’ invasivi e per certe coppie compulsivi e ossessionanti, se usati con parsimonia erano anche utili. Perché anche chiamare col cellulare costava abbastanza. E non era raro che pure i genitori ti chiedessero lo squillo: “sono arrivato”, “è tutto a posto”, “sono vivo”. E anche senza sentirsi, l’ansia spariva. Ma più trilli potevano anche significare “mamma, richiamami, non ho una lira”.

Oggi lo squillo è quasi una rarità. Spesso si usa per dire “sono arrivato, scendi” oppure, spesso di notte per non disturbare “sono arrivato, puoi dormire”. La messaggistica istantanea e gratuita ha messo in pensione i romantici squilletti che restano però, nella maggior parte dei casi (tranne per i fidanzamenti rotti e per quei conoscenti che ti squillavano fastidiosamente senza un apparente perché) un piacevole, simpatico e dolce ricordo.

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Michele Sardo
E' iscritto all'ordine dei giornalisti di Sicilia dal 2008. Ha iniziato la sua carriera professionale in radio, svolgendo l'attività di giornalista come speaker di radiogiornali e trasmissioni di intrattenimento e sportive. Dal 2010 ha iniziato collaborazioni con diverse televisioni locali, tra cui Tgs, Tele One, Cts, Tele Sud. Nel 2011 ha ideato e condotto il programma sportivo "Sotto la Curva" e nel 2012 è stato opinionista, fino al 2017, del format televisivo Rotocalcio. E' stato conduttore del Notiziario di Sicilia e caporedattore, dal 2017 al 2018, del giornale online Forza Palermo. Numerose anche le collaborazioni freelance: le più importanti con il Giornale di Sicilia, cartaceo e online, Tgs e Ultima Tv. Dal 2019 al 2022 è stato Direttore Responsabile di Rosanero Live e dal 2021 al 2022 anche di Palermo Live.