Giuseppe Orofino fu arrestato nel 1993 e poi venne condannato in via definitiva con l’accusa di aver custodito la Fiat 126, poi trasformata nell’autobomba che uccise il giudice Paolo Borsellino. Secondo l’accusa inziale, supportata dalle indagini del gruppo di investigatori capitanato da Arnaldo La Barbera , Orofino avrebbe fornito una targa pulita per la 126 rubata, che avrebbe anche tenuto nella sua officina, poi utilizzata come autobomba nella strage di via D’Amelio del 19 luglio 1992. Ma quelle accuse erano false. Infatti nel processo di revisione del 2017 venne assolto. Orofino era stato accusato da Vincenzo Scarantino, il falso pentito che aveva sostenuto di aver organizzato la strage, e da Salvatore Candura, anche lui un calunniatore.
Nel frattempo, però, da innocente si era fatto diciassette anni di carcere. Arrestato a 49 anni, Orofino si è sempre dichiarato innocente: dopo la lettura della sentenza era scoppiato a piangere e a urlare, sbattendo la testa nel vetro della “gabbia” di imputato. Nel luglio scorso nel processo a Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo i tre poliziotti accusati di avere depistato le indagini sulla strage, il tribunale di Caltanissetta ha dichiarato prescritte le accuse contestate ai primi due, e assolto il terzo imputato. Secondo l’accusa erano stati loro a imbeccare i malavitosi rendendoli complici degli stragisti e accusatori di persone poi dichiarate innocenti.
Ora per quell’ingiusta detenzione gli eredi di Orofino saranno risarciti con un milione e 404.925,25 euro. Lo ha deciso la corte d’Appello di Catania. L’avvocato difensore Giuseppe Scozzola, commentando la decisione della Corte d’Appello di Catania ha detto:
«È assurdo che lo Stato non si rivalga nei confronti di quei magistrati che hanno, seppure involontariamente, causato questo grande danno al mio assistito. È stato accusato ingiustamente da Scarantino di avere partecipato alla strage di Via D’Amelio, quando il collaboratore Cancemi aveva detto più volte che non lo conosceva e che Scarantino non era un uomo d’onore. Ricordo che il processo Borsellino ter cestinò completamente le dichiarazioni di Scarantino, ma si continuava a sostenere Scarantino. Per poi arrivare alla sentenza di appello, che è una sentenza illeggibile. Non si capisce perché debba essere lo Stato a pagare e non i magistrati»