Nella mattinata odierna, la Polizia di Stato, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, ha eseguito una misura cautelare nei confronti di cinque soggetti, due dei quali già condannati in via definitiva per associazione mafiosa. Gli arrestati sono ritenuti responsabili di una serie di condotte reiterate di estorsione e illecita concorrenza con minaccia o violenza, aggravate dal metodo mafioso. Inoltre, sono accusati di aver agevolato l’associazione mafiosa nota come cosa nostra.
Le indagini
Le indagini, coordinate dallo SCO (Servizio Centrale Operativo), dalla SISCO di Palermo (Servizio Investigativo Centrale), e dalle Squadre Mobili di Agrigento e Palermo, hanno svelato il presunto controllo e la gestione illecita delle attività agro-pastorali sul territorio girgentano di Santa Margherita Belice, Montevago e Sambuca di Sicilia, fino al confine con Contessa Entellina (PA).
Gli indagati, sfruttando la forza intimidatoria derivante dalla loro appartenenza al vertice del mandamento mafioso di Santa Margherita Belice, avrebbero attuato un rigido controllo sull’economia agro-pastorale dell’area. Questo controllo si estendeva anche all’utilizzo dei fondi agricoli dell’entroterra belicino. I proprietari e gestori dei terreni erano costretti a cedere vasti appezzamenti di terreno per il pascolo abusivo del bestiame. Questi terreni venivano affittati a canoni irrisori, talvolta nemmeno corrisposti. In alcuni casi, i proprietari erano persino vietati o limitati nell’esercizio di attività agricole collaterali.
Il metodo mafioso
Il metodo mafioso utilizzato dai soggetti arrestati includeva minacce e violenze per mantenere il controllo territoriale e economico. Questo modus operandi non solo danneggiava l’economia locale, ma contribuiva anche a perpetuare il potere dell’organizzazione mafiosa sul territorio.