Corte di Assise di Palermo: “Omicidio Burgio? Una lite che sfoció in omicidio”

Tutto partì da un alterco a causa di un incidente stradale che causó la rottura di uno specchietto

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In 91 pagine c’è l’intero iter processuale dell’omicidio di Emanuele Burgio, figlio di un boss mafioso di Porta Nuova, avvenuto il 31 maggio 2021 alla Vucciria di Palermo. All’interno del fascicolo viene spiegato il venir meno delle aggravanti del metodo mafioso e della premeditazione.

Non si trattó secondo i giudici della Corte d’Assise di un preciso disegno criminale ma un’azione nata in seguito ad una lite. Una discussione nata, tra l’altro, proprio per iniziativa della vittima svoltasi davanti a tanti testimoni e in una zona ampiamente controllata da sistemi di videosorveglianza finita con una sparatoria.

A giugno scorso, Matteo Romano e il nipote Giovanni Battista, sono stati condannati a 18 anni di reclusione, mentre Domenico Romano, zio e padre di questi ultimi, è stato assolto.

I giudici della prima sezione della Corte d’Assise, presieduta da Sergio Gulotta (a latere Monica Sammartino), nelle motivazioni della sentenza sull’omicidio di Emanuele Burgio, smentiscono i magistrati della Procura, che ipotizzavano un regolamento di conti per questioni legate al traffico di droga, anche per via dei legami dei protagonisti con esponenti mafiosi. La lite tra Giovanni Battista Romano e lo zio dello stesso Burgio, invece, è nata a causa di un incidente stradale che causó la rottura di uno specchietto.

Dai sistemi di videosorveglianza di via dei Cassari si vede nitidamente Matteo Romano che prende la pistola dalla tasca dello zio, per poi armarla con l’obiettivo di prepararla a fare fuoco nei confronti di Burgio. Poi due colpi a breve distanza e un altro mentre la vittima cercava di mettersi in salvo scappando. Tutti colpi esplosi dalla cintola in su, quindi con l’intento di uccidere.