Ha compiuto un gesto criminale, provando ad uccidere il suo cane ancora vivo dandogli fuoco, con crudeltà. Nonostante ciò, se il cane dovesse morire, la massima pena che potrebbe essere applicata a C.R., 46 anni, è il carcere o i domiciliari per due anni. L’articolo 544 bis del codice penale, infatti, prevede la reclusione; essa va da un minimo di quattro mesi a due anni per chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagioni la morte di un animale.
Se Aron, pitbull adulto maschio, che è al momento ricoverato in gravissime condizioni, dovesse rimanere vivo, la legge italiana prevede l’articolo 544 ter del codice penale che punisce tutti coloro che, per crudeltà o senza necessità, cagionino una lesione ad un animale sottoponendolo a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche, con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.
“Si tratta di una vicenda davvero sconcertante, che ha indignato,e non poco,tutti i cittadini palermitani – afferma il noto avvocato penalista palermitano Giovanni Castronovo – . Sotto il profilo penale l’autore di questo gesto sconsiderato ed inumano – conferma il legale – risponderebbe al momento del delitto di maltrattamenti di animali, previsto e punito dall’art. 544 ter c.p.. Nel caso in cui dovessero malauguratamente sopraggiungere il decesso del cane, la norma ascrivibile all’indagato sarà l’art.544 bis c.p., che sanziona coloro i quali si rendano responsabili della uccisione di animali. Trattasi di due fattispecie incriminatrici che però, rispetto al grave fatto in oggetto – conclude l’avvocato Castronovo – prevedono un trattamento poco severo, tant’è che non è consentita l’applicazione di alcun tipo di misura cautelare personale”.