Ancora una volta la costruzione dell’asilo nido “I piccoli di don Puglisi” a Brancaccio, nel quartiere dove operava il sacerdote ucciso dalla mafia nel 1993, subisce un arresto. Il Consiglio comunale, nonostante le sollecitazioni del sindaco Roberto Lagalla, ha deciso di non integrare il progetto, lasciandolo fuori dall’agenda politica. Mentre il primo cittadino minimizza, definendo la questione una “mera questione tecnica” che non impedirà la realizzazione dell’opera, i familiari di don Puglisi lanciano un’accusa pesante: “Chi ha interesse a non costruire l’asilo? La risposta nasce spontanea: la mafia”.
Parole dure, cariche di amarezza, quelle dei familiari del beato. Ricordano i lunghi anni necessari per assicurare alla giustizia i boss mafiosi: “25 anni per Totò Riina, 43 anni per Bernardo Provenzano, 30 anni per Matteo Messina Denaro”. E a 31 anni dalla morte di don Puglisi, l’asilo a lui dedicato rimane un progetto incompiuto.
“In 31 anni si sono avvicendate al governo di questa città tutte le forze politiche, si sono avvicendati cardinali e vescovi. Ma questo asilo ancora non sorge”, denunciano i familiari. Un’attesa che, a loro dire, permette alla mafia di “allevare bambini alla propria scuola, sussurrando parole di vendetta” contro chi, come don Puglisi, ha combattuto la criminalità organizzata.
La conclusione è un atto d’accusa verso la società siciliana: “La maggior parte del popolo è affamato di mafia e voi, con il vostro atteggiamento, con l’ignavia che vi ha contraddistinto in questi 31 anni, ne stuzzicate l’appetito”.