Il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Palermo ha eseguito due decreti di sequestro per un valore complessivo di 1,4 milioni di euro, colpendo il patrimonio di due persone ritenute tra i principali fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro. Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Trapani – Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Palermo, nell’ambito di due procedimenti avviati dopo la cattura del boss.
Indagini sui flussi finanziari della rete di protezione
Le indagini si sono concentrate sulla ricostruzione del profilo patrimoniale dei due soggetti e dei loro nuclei familiari. L’obiettivo era individuare eventuali flussi di denaro destinati a sostenere la latitanza di Messina Denaro, il boss di cosa nostra arrestato nel gennaio 2023 dopo trent’anni di fuga. Entrambi i soggetti coinvolti sono già stati condannati in primo grado.
Gli inquirenti ritengono che i due abbiano svolto un ruolo fondamentale nel mantenere attiva la rete di protezione che ha consentito al boss di rimanere nascosto per decenni.
Sperequazione tra redditi e investimenti: sequestri per 1,4 milioni
L’analisi della Guardia di Finanza ha evidenziato una chiara sproporzione tra i redditi dichiarati e gli investimenti effettuati dai due soggetti. Il Tribunale di Trapani, accogliendo le richieste della DDA, ha quindi disposto il sequestro di un vasto patrimonio immobiliare e finanziario:
- 8 immobili tra appartamenti e terreni situati a Campobello di Mazara, Castelvetrano e Palermo;
- 13 rapporti bancari intestati ai due soggetti e ai loro familiari;
- 1 veicolo di proprietà di uno degli indagati.