Il recente blocco della serie “Avetrana: qui non è Hollywood“, basata sull’omicidio di Sarah Scazzi, ha scatenato un dibattito acceso sui social e non solo su chi è d’accordo con Il Tribunale di Taranto, che ha accolto la richiesta del sindaco di Avetrana, Antonio Iazzi, il quale ha motivato il ricorso con il timore che la serie potesse diffamare la cittadina, associandola a un’immagine di omertà e arretratezza, e chi non è d’accordo e parla di censura. Secondo il sindaco, questo pregiudizio, generato dall’omicidio del 2010, rischia di essere nuovamente amplificato, mettendo in ombra i recenti sforzi di Avetrana di valorizzarsi come meta turistica e culturale.
Ma allora cosa dovrebbero dire i sindaci e i cittadini di città come Palermo o Napoli, continuamente set di film di mafia o camorra, con infiniti stereotipi e rappresentazioni negative?
Bloccare una serie televisiva come quella su Sarah Scazzi, senza tra l’altro averne visto il contenuto, appare una scelta discutibile e potenzialmente dannosa la libertà artistica. Ogni opera narrativa e cinematografica, così come il giornalismo, ha il diritto di raccontare eventi di cronaca, anche tragici, pur rispettando la dignità delle persone coinvolte. Censurare una serie rischia di creare un brutto precedente e di trasformare il problema in un tabù, piuttosto che favorire una riflessione su come avvenimenti del genere segnino non solo una comunità, ma un’intera società.
La domanda che sorge spontanea è dunque: perché Avetrana dovrebbe difendersi da un evento che appartiene alla cronaca storica, mentre altre città accettano una narrazione complessa che, seppur dolorosa, rappresenta una parte della loro storia? La censura non sembra la strada giusta, anzi la più deleteria. Una pagina nera è stata scritta con quel terribile omicidio e non si può cancellare sperando nell’oblìo. L’esempio di Palermo è emblematico: una città che dopo le stragi del ’92, grazie al coraggio e all’impegno di un’intera comunità, si è rialzata e oggi, dopo decenni, la sua immagine si è riabilitata agli occhi del mondo. Oggi Palermo non è più ricordata solo come terra di mafia o di stragi ma anche per il riscatto della sua gente e per tantissime iniziative parallele. Una città, che nonostante abbia i suoi problemi atavici legati ai servizi e alla mala politica, è presa d’assalto per 12 mesi l’anno da turisti e finalmente incanta anche per bellezza, cultura e paesaggi.