Si è spento oggi, all’età di 79 anni, Gino Campanella, uno dei volti storici del movimento LGBT+ siciliano che si è battuto per l’amore, la libertà e i diritti civili. Un sogno di uguaglianza color arcobaleno che lui ha contribuito a rendere reale, a Palermo e non solo.
Accanto a Massimo Milani – compagno di vita e di lotte per oltre 45 anni – è stato un pilastro del movimento omosessuale nel capoluogo siciliano. Negli anni Settanta, quando dichiararsi gay era ancora un atto rivoluzionario e purtroppo anche pericoloso (vedi omicidio di Giarre), Gino fu tra i fondatori di Arcigay Palermo. Allora le parole “unione civile” sembravano fantascienza.
Più di trent’anni fa, Milani e Campanella inscenarono un finto matrimonio, una provocazione coraggiosa per denunciare l’assenza di diritti. Poi, nel 2020, quel sogno diventò realtà: i due si sono sposati ufficialmente il 31 ottobre, data fortemente simbolica, in quanto è anche l’anniversario del delitto di Giarre, tragedia che segnò l’inizio della mobilitazione per i diritti LGBT+ in Italia. Quella celebrazione, avvenuta proprio a Giarre, fu la prima unione civile nella storia del comune catanese.
Il desiderio di legalizzare la loro unione nacque da un momento difficile: Gino era ricoverato per cure mediche in periodo Covid e il lockdown aveva separato i due innamorati per mesi. Una distanza che fece comprendere, ancora di più, quanto fosse necessario dare dignità giuridica a un amore comunque già saldo.