Anticamente c’erano i muzzunari. Era di solito povera gente che si era inventata un mestiere, ovvero il riciclo dei “muzzuna ri sicarietta”. In pratica giravano per le strade cittadine, soprattutto in luoghi affollati dalla gente benestante, come ristoranti, cinema, bar, teatri, e raccoglievano le cicche delle sigarette.
Erano spesso anziani o bambini a svolgere questo lavoro. Alcuni lo facevano per farne un uso personale perché non potevano permettersi l’acquisto del tabacco, altri, invece, avevano messo su un vero e proprio business. I muzzuna riciclati venivano lavorati a casa: la carta e gli eventuali filtri venivano buttati, mentre il tabacco separato con pazienza. Una parte, quello bruciacchiato, serviva a riprodurre nuove sigarette di scarsa qualità, mentre quello pulito che non era venuto a contatto col fuoco, garantiva sigarette di qualità che venivano poi vendute sfuse o fumate dallo stesso muzzunaru.
Un lavoro duro se si pensa a quante volte i muzzunari dovevano piegarsi durante la raccolta e al successivo lavoro paziente di riconfezionamento a cui partecipava spesso l’intera famiglia. Ma la necessità aguzza l’ingegno. Col tempo i muzzunari, figura ormai scomparsa, si attrezzarono di un bastone a cui veniva legato una sorta di chiodo che serviva ad infilzare ció che restava delle sigarette.