Palermo, operatrici call center fanno causa ad Almaviva: il giudice gli dà torto

Sostenevano di essere state soggette a turni e di aver lavorato oltre il periodo consentito per quel tipo di contratto

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Niente assunzione a tempo indeterminato per sei operatrici palermitane che lavoravano in outbound, con contratto a progetto, per Almaviva. Il giudice ha dato ragione all’azienda, respingendo le ragioni delle lavoratrici che avevano portato l’ex datore di lavoro in tribunale dopo che non le aveva più rinnovate.

Chiedevano di essere reintegrate con contratto delle telecomunicazioni a tempo indeterminato perché sostenevano di essere state soggette a turni, non previsti da un lavoro a progetto, e di aver lavorato oltre il periodo consentito per quel tipo di contratto.

Il giudice del lavoro Dante Marino, peró, nel dare ragione ad Almaviva ha chiarito i criteri di un lavoro subordinato: nel caso specifico, non è stata limitata l’autonomia delle lavoratrici. Venivano dati degli orari indicativi e c’era una etero direzione, ma necessaria per l’organizzazione del lavoro, ma senza uno stringente controllo. Gli orari di lavoro erano sussidiari e quindi non inquadrabili come lavoro subordinato.

Dall’escussione dei testimoni, ha detto il giudice che ha accolto la tesi dei legali di Almaviva, gli avvocati Agostino e Mariano Equizzi, è emerso un “grado di autonomia elevato”. I team leader “non esercitavano alcun potere direttivo di controllo anche per il numero notevolmente ridotto rispetto agli operatori”.

Non sono state esercitato né “un potere disciplinare” né pressioni sugli operatori. Il fatto di ricordare che qualora non avessero raggiunto gli obiettivi non avrebbero ottenuto il rinnovo del contratto era “uno sprone al raggiungimento degli obiettivi stabiliti“.