La salita è ripida e nessuno lo nasconde. L’opposizione all’Ars — Pd, M5S e Controcorrente — ha protocollato questa mattina la mozione di sfiducia al presidente della Regione, Renato Schifani. Ventitré le firme già raccolte, lontane dalle 36 necessarie per mandare a casa il governo, ma sufficienti per aprire una frattura politica profonda nell’Aula di Sala [coffice_banner slot="article_inline1"] d’Ercole.
A guidare l’affondo è Ismaele La Vardera, leader di Controcorrente, che non risparmia colpi: ribattezza il governatore “Totò” Schifani, alludendo alla vicenda giudiziaria che ha travolto l’ex presidente Cuffaro e il coordinatore nazionale di Noi Moderati, Saverio Romano. “Finora il presidente è scappato dalle sue responsabilità”, attacca. “Ci prende in giro consegnandoci il codice parlamentare con una letterina allegata. La misura è colma: Schifani ha permesso a Cuffaro di stare nella sua maggioranza. È il momento che i siciliani sappiano chi sta con un governo pieno di indagati e chi no”.
La Vardera punta anche il dito contro il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno: “Guai a discutere questa mozione dopo la Finanziaria. Va calendarizzata subito. È prioritaria”. Un messaggio diretto, che ben fotografa la strategia delle opposizioni: portare Schifani in Aula senza ulteriori rinvii.
Accanto a lui, il capogruppo del M5S Antonio De Luca rincara la dose. “Il governatore deve venire a rendere conto delle sue irresponsabilità. È lui che ha accettato la Dc in maggioranza per 150 mila voti. Con mezzo governo sotto i riflettori della Procura, Schifani si sarebbe già dovuto dimettere. Questo non è un gioco politico: è un voto di trasparenza”.
Sulla stessa linea il Pd, con il capogruppo Michele Catanzaro: “La magistratura sta portando avanti indagini importanti che aiutano la Sicilia a non vergognarsi. La nostra mozione è uno strumento per dire basta a un governo dell’approssimazione e delle emergenze. Non ci sono preclusioni: chi vuole cambiare strada può unirsi”.
Nonostante le differenze tra i partiti, un punto fermo c’è: “Le opposizioni oggi sono compatte”, evidenzia Catanzaro. Un fatto inedito, che va oltre il voto sulla sfiducia e guarda già al futuro del centrosinistra. La sfida, infatti, non riguarda solo Schifani ma anche la costruzione di una coalizione unita in vista delle prossime regionali.
La Vardera chiede primarie immediate e avverte: “Se non si fanno e se ci saranno ingerenze romane, mi candiderò comunque”. Pd e M5S non chiudono la porta, ma preferiscono cautela. “Le primarie sono uno strumento democratico — spiega Catanzaro — ma prima bisogna scrivere insieme le regole”. De Luca aggiunge: “Decideremo più avanti. Prima la politica deve provare a trovare una sintesi”.
Intanto, mentre il centrosinistra prova a definire la propria rotta, la mozione di sfiducia si prepara ad arrivare sul tavolo di Sala d’Ercole. E questa volta, assicurano le opposizioni, non saranno tollerati rinvii. Schifani è atteso in Aula: la resa dei conti, politica prima ancora che numerica, è appena iniziata.



