sabato, 18 Ottobre 2025
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Un coming-of-age sabotato dall’interno: ironico, scomodo e sorprendentemente sincero

“Diciannove” di Giovanni Tortorici: il romanzo di formazione che rifiuta di formarsi

Giovanni Tortorici, palermitano classe 1996, arriva al cinema passando dalla bottega di uno dei nostri autori più rigorosi: Luca Guadagnino. Lo affianca come assistente alla regia nella serie We Are Who We Are e in altri progetti, fino a seguirne il lavoro anche dietro le quinte in Bones and All. Ma il suo esordio da regista, Diciannove, non è un derivato di quella scuola: è un gesto di autonomia radicale.

Il film segue Leonardo (Manfredi Marini), diciannove anni e un’identità in perenne fuga. Parte da Palermo verso Londra, poi Siena, poi Torino. Ma ogni luogo è solo un pretesto per ribadire la stessa condizione: quella di chi non riesce a stare al mondo senza sentirsi fuori asse. Tortorici costruisce un ritratto generazionale senza proclami: niente monologhi programmatici, niente retorica dell’inquietudine giovanile. Il suo stile è asciutto, quasi letterario nella precisione dei gesti quotidiani, ma attraversato da una vena ironica sottilissima. Ogni situazione sfiora il comico per poi arretrare nell’imbarazzo, in quell’umorismo esistenziale che nasce dallo stare costantemente fuori contesto.

La regia predilige piani fissi, tempi dilatati e un uso del sonoro scarno, quasi a isolare il protagonista dal mondo circostante. Non c’è musica salvifica, non c’è estetizzazione nostalgica: Diciannove è osservazione pura, a tratti crudamente documentaria, ma riscattata dalla lucidità dello sguardo. Tortorici sembra guardare il suo personaggio con un misto di affetto e impazienza, come ci si guarda allo specchio negli anni in cui non ci si sopporta.

Girato tra Palermo, Londra, Siena e Torino, prodotto da Frenesy Film Company e Pinball London e distribuito da Fandango, il film ha debuttato al Torino Film Festival, dove è stato salutato come una delle opere prime più personali degli ultimi anni.

La sua importanza sta nell’aver trovato un modo nuovo per raccontare l’età di mezzo tra adolescenza ed età adulta: senza mitizzarla, senza giudicarla, senza decorarla. Diciannove è un film che non accompagna il protagonista verso una soluzione — perché a diciannove anni non si risolve niente. Si sopravvive, ci si osserva, si cerca una grammatica per definirsi.

Diciannove è un film sull’incapacità di essere giovani secondo le regole; sulla solitudine come autodifesa; sul desiderio di letteratura come forma di resistenza. Un film che non urla ma resta, come certi ricordi che non sappiamo raccontare fino in fondo, ma che riconosciamo come in uno specchio.

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